Giulio Meotti: «I 30 anni in cui l’Europa ha perso la libertà»

di Ilaria Myr

Un libro sull’autocensura dell’occidente.

Il massacro a Charlie Hébdo non è stato soltanto un atto barbarico di violenza islamista nel cuore dell’Europa. È stato anche un grande test per tutto l’Occidente e per la libertà di espressione nelle democrazie. E ha dimostrato che stiamo tutti fallendo. È in corso una servile resa su più fronti. La stampa, la politica e i media hanno adottato una politica dell’autocensura forzata”. È sintetizzata in queste poche righe, contenute nelle ultime pagine, la tesi di fondo del nuovo libro di Giulio Meotti Hanno ucciso Charlie Hébdo. Il terrorismo e la resa dell’Occidente: la libertà di espressione è finita (Lindau, 161 pagg, 16 €): un testo in cui l’autore, giornalista de Il Foglio, inserisce la tragica vicenda della strage al giornale satirico francese del 7 gennaio 2015 in un contesto molto più ampio, costellato di altri episodi importanti di limitazione della libertà di pensiero e di espressione che hanno colpito tanti intellettuali, scrittori e registi che hanno “osato” esprimersi sulla religione islamica in termini non apprezzati dal mondo musulmano. Le vicende di Salman Rushdie, autore de I versi satanici, sul quale già nel 1989 venne lanciata una fatwa proprio per i contenuti del libro; del regista olandese Theo Van Gogh, assassinato per strada nel 2004 come ritorsione contro alcune immagini mostrate nel suo film Submission, o della politica e scrittrice somalo-olandese Ayan Hirsi Ali, autrice della sceneggiatura del film di Van Gogh, che vive sotto scorta per le proprie posizioni critiche sulla condizione delle donne nell’Islam: insieme alla strage di Charlie Hébdo sono tutti anelli di una stessa catena, quella della limitazione della libertà di espressione da parte del mondo islamico, nel cuore della civilissima Europa.
Libro Meotti C_Hebdo«La storia di Charlie Hébdo non può essere considerata solo come un tragico episodio francese o che riguarda solo un giornale satirico: è invece il culmine di una guerra che dura da 30 anni, che ha colpito molti scrittori, registi e intellettuali, alcuni dei quali si sa poco – dichiara Meotti al Bollettino Magazine -. E che inizia per i giornalisti del settimanale satirico francese ben prima del 2015, già nel 2006, quando decidono di pubblicare le vignette su Maometto uscite sul giornale danese Jyllands-Posten l’anno prima, che scatenarono una serie di violente proteste nel mondo islamico, sia civile che politico. Seguirà un processo, da cui saranno assolti».
Ma ciò che rende unico questo libro è l’accusa al mondo occidentale di non avere difeso i propri intellettuali quando sono stati tacciati di “islamofobia”, ma anzi di averli colpevolizzati come “irresponsabili”, “masochisti”, mettendo in atto un processo di censura preventiva già trent’anni fa. «Quando uscì Versi satanici, un giornalista tedesco propose di pubblicarne il primo capitolo – racconta – ma si trovò tutti contro. Già allora c’era la tendenza a lisciare la pelle al mondo islamico». Man mano che il tempo passa e che si moltiplicano in Europa le accuse di islamofobia, crescono vertiginosamente gli episodi di censura e autocensura preventiva. Fino ad arrivare a Charlie Hébdo. «Se, anziché accusarli, le testate europee non fossero state accecate dalla codardia e avessero ripubblicato all’unisono le vignette di Charlie Hébdo, i suoi giornalisti probabilmente sarebbero ancora vivi – continua Meotti -. Addirittura Papa Francesco, dicendo che se uno avesse insultato sua madre avrebbe dovuto aspettarsi un pugno, perché ‘Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri’, pronunciò una delle frasi più terribili, che suggeriva che quelli del magazine se la fossero cercata».

Eppure, tutto ciò non accadde quando l’Europa occidentale accolse i dissidenti dell’Unione Sovietica: ci furono degli editori che pubblicarono i libri di Pasternak o di Soleznitsyn, nonostante non mancasse chi li considerava dei disturbatori. È nel 1989, quando Rushdie fu condannato a morte dall’ayatollah Khomeini per il suo libro, che si ha il primo episodio di quella che Nadine Gordimer chiamò allora “condanna a una doppia morte: doppia perché il libro di Salman Rushdie dev’essere cancellato per sempre dalla letteratura mondiale e l’autore deve essere privato dalla vita”. Da allora questa guerra moderna dei 30 anni ha portato a un punto di non ritorno, in cui chi si esprime contro l’islam rischia di morire o, comunque, di perdere sicuramente la propria libertà individuale. «Lo stesso magazine francese non è più lo stesso: Charlie Hébdo è morto – commenta Meotti -. Ma ad averlo ucciso non sono solo i terroristi – che in strada, dopo la strage, urlarono al cielo “abbiamo vendicato il Profeta, abbiamo ucciso Charlie Hébdo” -: è anche tutta l’opinione pubblica occidentale, i media e i politici, che non reagendo alla censura e, anzi, autocensurandosi, hanno portato alla morte anche la libertà di espressione».