Fausta Finzi, una testimone silenziosa

Un’altra testimone della Shoah se ne è andata. Due giorni fa infatti ci ha lasciati anche Fausta Finzi, nata a Milano nel 1920. Quando fu arrestata insieme al padre Edgardo, il 22 aprile del 1944, aveva 24 anni. Fu mandata prima a Fossoli e da lì deportata in Germania, nel campo femminile di Ravensbrück (il padre morì invece ad  Auschwitz-Birkenau, il giorno stesso dell’arrivo 6 agosto 1944).
Fausta Finzi rimanse internata Ravensbrück per 265 giorni, fino cioè all’evacuazione del campo, il 28 aprile 1945.
Nei giorni immediatamente successivi alla liberazione, in attesa di essere rimpatriata,
Fausta Finzi raccontò in un diario la cronaca della  “marcia della morte” che, in mezzo ad  SS, russi e civili in fuga, la condusse da Ravensbrück sino a Lubecca.
Rientrata in Italia, Fausta Finzi è rimasta chiusa per sessant’anni in un silenzio ostinato, rotto soltanto dalle due video-interviste concesse nel 1996 al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano e nel 1998 alla Shoah Foundation di Los Angeles.
Due anni dopo, nel 2000 acconsentì ad una intervista per la Commissione Cultura del Comune di Verderio Superiore e, in occasione della Giornata della Memoria del 2002, affrontò per la prima volta il pubblico, a Vimercate e, poco dopo,  a Lecco nell’ambito della mostra “La Memoria”. Proprio da quest’ultima esperienza nacque e prese corpo l’idea di pubblicare il diario della marcia.

Fausta Finzi aveva già pubblicato nel 2003 un libro di memorie dal titolo Varcare la soglia (ediz. ISMLEC, 2003), in seguito al quale fu chiamata a partecipare a numerosi incontri pubblici, inclusi quelli con gli studenti.

Il diario della marcia è uscito invece nel 2006 con il titolo A riveder le stelle. Con esso la Finzi ha consegnato alla nostra memoria una singolare testimonianza nella quale l’oggi – ovvero il resoconto tardivo della propria prigionia e le riflessioni sul significato più intimo di tale esperienza – si mescola con il passato con il “tempo di allora” fermato nel diario del 1945.
Il diario è accompagnato da due saggi, uno di Federico Bario che si sofferma sulla difficoltà di essere “testimone”, l’altro di Marilinda Rocca dedicato alla scrittura, o meglio alle “scritture” di Fausta Finzi.
“A riveder le stelle” in qualche modo ridona voce – e oggi ancora di più – a chi come Fausta Finzi ha saputo affrontare ogni momento della propria vita, anche il più tragico, con una straordinaria forza d’animo; è riuscita con tranquillità, lucidità, talvolta autoironia, a raccontare il senso di una vita che alla fine è riuscita a fare i conti anche con la propria memoria. Memoria che ora appartiene anche a tutti noi.