La Guerra dei Sei Giorni, di cui parla il documento della CIA

La CIA desecreta un documento sulla Guerra dei Sei Giorni

di Nathan Greppi
Poca risonanza ha avuto tra i media la notizia che, lunedì 16 luglio, la CIA ha reso accessibile al pubblico un documento relativo alla Guerra dei Sei Giorni, e a come l’agenzia di intelligence americana si fosse comportata in quel lontano giugno 1967. Il documento è un articolo intitolato “Getting it Right: CIA Analysis of the 1967 Arab-Israeli War”, pubblicato nel marzo 2005 sulla rivista della CIA Studies, ma che ad oggi potevano leggere solo poche persone aventi accesso agli archivi dell’agenzia.

“Con tutta l’attenzione rivolta in ritardo ai fallimenti dell’intelligence, è facile dimenticare che a volte il processo di spionaggio ha funzionato quasi perfettamente,” scriveva David Robarge, responsabile storico della CIA e autore dell’articolo. “Nel corso di tali situazioni, le burocrazie dell’intelligence sono state reattive e collaborative […] Un esempio che può essere pubblicamente riconosciuto si è verificato nel 1967 in un luogo di crisi familiare: il Medio Oriente.” Robarge va avanti spiegando che all’epoca il presidente Lyndon Johnson sembrava fidarsi poco dell’Agenzia, il che si è rivelato fatale quando non ha voluto ascoltare il loro pessimismo sull’intervento in Vietnam.

L’occasione per migliorare i rapporti si presentò la mattina del 23 maggio 1967, il giorno dopo che l’Egitto chiuse il Golfo di Aqaba, che consentiva a Israele di avere accesso al Mar Rosso. Quella mattina Johnson fece convocare l’allora direttore della CIA Richard Helms per farsi spiegare la situazione. Helms colse al volo l’occasione, e quattro ore si presentò con due documenti che i servizi segreti stavano già preparando da mesi: uno inerente allo stato di allerta in Egitto in quel periodo, e l’altro, ben più importante, che metteva a confronto le forze militari di Israele e dei 4 paesi arabi confinanti. Nel secondo documento era scritto, nel paragrafo “chi vincerà”, che Israele poteva “difendersi con successo da attacchi arabi simultanei su tutti i fronti… o tenere duro su tre fronti e al contempo a lanciare una grossa offensiva sul quarto.”

Tuttavia, due giorni dopo il Mossad inviò a Washington un emissario, il quale disse che l’esercito israeliano era in svantaggio in quanto l’apparato bellico arabo stava ricevendo un grosso sostegno da parte dei sovietici. E qui emerge un fattore importante: nel caso fosse scoppiata una guerra tra Israele e gli arabi, la CIA era decisa a impedire che gli Stati Uniti inviassero soldati per difendere lo Stato Ebraico. Ciò perché, nonostante i due paesi fossero alleati, l’agenzia aveva posizioni fortemente anti-interventiste, e fino all’ultimo fece in modo che l’America prendesse una posizione decisa solo nel caso Israele fosse stata in svantaggio.

Quando, alle 3 di mattina del 5 giugno, Helms si svegliò e venne informato che era scoppiata la guerra tra Israele e i suoi nemici, l’intelligence aveva già previsto in larga parte sia che sarebbe successo sia che Israele avrebbe vinto. Robarge ha riportato che, durante uno dei loro tanti incontri, Johnson chiede a Helms: “Dick, quanto sono accurate le tue informazioni sui progressi di questa guerra?” Al che Helms rispose: “Sono accurate almeno finché gli israeliani stanno vincendo.”

Un clima di maggiore tensione si creò il 10 giugno, l’ultimo giorno della guerra, quando la Casa Bianca ricevette un messaggio del premier sovietico Alexei Kosygin: i russi minacciavano di intervenire militarmente se Israele non avesse interrotto la sua avanzata sulle alture del Golan. Helms raccontò che nella stanza, dove si trovava in quel momento con il presidente e i suoi consiglieri, calò il silenzio più totale: “La stanza cadde nel silenzio all’improvviso, come se la radio fosse stata spenta… La conversazione si tenne con le voci più basse che avessi mai sentito… Sembrava impossibile che, 5 anni dopo il confronto sui missili a Cuba, le due superpotenze si fossero di nuovo messe in guardia.”

Alla fine, su consiglio del Segretario alla Difesa Robert McNamara, Johnson spedì la Sesta Flotta della Marina Americana nel Mediterraneo orientale per tenere d’occhio i sottomarini sovietici. Nello stesso giorno, il cessate il fuoco riportò momentaneamente la pace nella regione.