La moschea in Egitto dove c'è stato l'attentato

Israele promette aiuto all’Egitto dopo il sanguinoso attentato nel Sinai

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di Paolo Castellano
Tra il 24 e il 26 novembre i leader israeliani hanno inviato messaggi di supporto alle autorità egiziane, dopo un attacco terroristico avvenuto in una moschea egiziana nella penisola del Sinai durante il venerdì di preghiera. È stato uno degli attacchi più spaventosi nella storia recente dell’Egitto. Il tragico bilancio è di 305 morti, di cui 27 bambini, e 128 feriti.

«Le mie condoglianze vanno alle famiglie di dozzine di persone assassinate nell’attacco terroristico nel Sinai» ha twittato il ministro dei Trasporti e dell’Intelligence Yisrael Katz. «Israele combatterà contro il terrorismo dell’islam radicale, restando molto vicino all’Egitto e alle altre nazioni della regione e dell’arena internazionale», ha riportato Algemeiner.

Il 24 novembre il ministro israeliano all’Educazione Naftali Bennett ha detto che “il delittuoso attacco terroristico è la testimonianza del fatto che attorno a noi si sta creando un nuovo  ordine mondiale, nel quale si delineano due gruppi: i supporter del terrore come l’Iran e [lo Stato Islamico], e i supporter dell’umanità”.

L’attacco terroristico è avvenuto nei pressi della moschea al-Rawdah che si trova a Bir al-Abed, una città del Nord Sinai.

Secondo le notizie rilasciate dai media egiziani, il terrorista armato avrebbe usato dei veicoli-bomba piazzati intorno alla moschea, e poi li avrebbe detonati per finire il suo lavoro, sparando sui fedeli che cercavano di sfuggire alle esplosioni. I terroristi hanno anche dato fuoco alle auto dei credenti e le hanno utilizzate per bloccare le vie di fuga.

Il presidente dell’Egitto Abdel Fattah Al-Sisi ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale dopo l’attacco.

Nonostante gli attuali sforzi per mettere in sicurezza il Sinai col supporto dell’esercito egiziano (anche con l’aiuto nascosto di Israele), il gruppo terroristico affiliato al sedicente Stato Islamico è riuscito a condurre un’insurrezione nella regione, preparando una successione di attacchi mortali nei confronti delle forze di sicurezza egiziane e dei civili, soprattutto cristiani.

Diversi esperti e funzionari hanno il timore che, date le recenti sconfitte dello Stato Islamico nel suo sedicente califfato in Siria e Iraq, il gruppo jihadista possa spostare la sua attenzione su altre aree incontrollate del Medio Oriente – incluso il Sinai – per accrescere il suo network del terrore.