Iran, stiamo accanto a chi si ribella

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Ancora nessuna notizia degli studenti iraniani che l’11 dicembre hanno protestato contro il dittatore della Repubblica Islamica Ahmadinejad. Amnesty International ha pubblicato del materiale su altri cittadini iraniani arrestati ingiustamente e torturati prima di essere rilasciati, ma non è stata in grado di offrire notizie sulle condizioni degli studenti. E’ lecito pensare, dunque, che i coraggiosi colleghi e coetanei di tanti studenti occidentali siano ancora in qualche prigione, ma non sappiamo né dove né per quanto tempo ancora dovranno restare lì.

Sono ormai trascorse diverse settimane da quando oltre venti associazioni giovanili si erano ritrovate a Roma davanti all’ambasciata iraniana per esprimere solidarietà agli studenti del Politecnico Amir Kabir di Teheran che dieci giorni prima, dimostrando un enorme coraggio, avevano urlato “morte al dittatore” in faccia al presidente della Repubblica Islamica Ahmadinejad.

L’iniziativa è stata assunta dall’Unione Giovani Ebrei d’Italia con un appello lanciato dall’allora presidente Tobia Zevi e dal responsabile politico, ora nuovo presidente, Daniele Nahum e pubblicato sul quotidiano il Foglio del 14 dicembre. I giovani ebrei italiani chiedevano ai giovani italiani di esprimere apertamente il proprio sostegno agli studenti coetanei che stavano lottando coraggiosamente per i diritti fondamentali che in Iran sono loro negati
L’appello è stato colto immediatamente dalle principali associazioni giovanili italiane che hanno formato il comitato Teheran 2007 e organizzato un sit-in davanti all’ambasciata iraniana a Roma. E’ dal 18 dicembre scorso che il comitato attende una risposta al un messaggio consegnato all’ambasciatore Ghasemi. Nel testo si chiedeva di essere ricevuti per avere notizie di quegli studenti che, come riferisce Azar Carimi in veste di Presidente dell’Associazione giovanile degli studenti iraniani in Italia, “tanto coraggiosamente hanno dimostrato il loro dissenso nei confronti di questo regime per cui sono disposti a sacrificare la loro vita per fare valere i più elementari diritti dell’uomo” . “Infatti”, continua Carimi “ in seguito agli avvenimenti accaduti all’Università Amir Kabir, gli studenti sono stati portati in luoghi sconosciuti anche ai loro familiari e brutalmente torturati e minacciati di morte”. L’ambasciatore però non ha dato alcuna risposta.

Il 21 dicembre circa 300 persone si erano presentate all’appuntamento della manifestazione per dimostrare che la lotta dei giovani studenti iraniani per i diritti umani e civili è condivisa e fortemente sostenuta da tutti i giovani italiani, indipendentemente dalle posizioni politiche. I rappresentanti di tutte le associazioni che hanno aderito al comitato Teheran 2007 hanno sottolineato l’importanza di questa iniziativa e soprattutto la necessità di dare un seguito significativo alla manifestazione. Giovanni Donzelli di Azione Universitaria la considera un punto d’inizio per le forze politiche per continuare il percorso di sostegno agli studenti iraniani e si augura che soprattutto chi ha lanciato per primo l’iniziativa, continui per questa strada. Per Christian Carrara, portavoce del Forum Nazionale dei Giovani, la manifestazione ha permesso di mettere in luce l’esistenza di situazioni di mancanza di libertà per i giovani non solo a Teheran, ma in tutto il mondo e di svegliare la coscienza di molti giovani italiani, non sempre sensibili a queste situazioni.
Per Tobia Zevi, questa è l’occasione di trasformare le nostre riflessioni sulla necessità di aiutare chi lotta per i propri diritti umani e civili in sostegno concreto, parlando nelle nostre università, sensibilizzando i giovani e i politici sull’importanza di fornire aiuto a questi cittadini che ora ne hanno bisogno. La manifestazione del 21 dicembre è e deve essere l’inizio di un percorso importante e non un episodio isolato.

Nel corso della manifestazione, inoltre, era stato reso pubblico un messaggio inviato dai coraggiosi studenti di Amir Kabir ai manifestanti ringraziando il comitato Teheran 2007 per il sostegno ed esprimendo la determinazione a continuare la propria battaglia per i diritti: “Il signor Ahmadinejad pensava che, dopo aver imposto la sua legge ad ogni facoltà ed ateneo, e avendo nominato un suo amico come rettore del nostro politecnico, il quale ha fatto demolire l’estate scorsa l’edificio che ospitava le associazioni studentesche, poteva liberamente recarsi al politecnico Amir Kabir, per parlare indisturbato ad un gruppo selezionato di studenti compiacenti, molti dei quali portati addirittura con gli autobus da altre università. Ma noi, studenti di Amir Kabir, in rappresentanza di tutti gli studenti iraniani, sentivamo il dovere di manifestare apertamente il nostro dissenso al capo di questo governo autoritario, e di ribadire qualora fosse stato necessario che il movimento studentesco in Iran non è disposto a chinare la testa nemmeno davanti ad una crescente repressione, ed intende continuare la sua lotta per la libertà e la democrazia.”

Nonostante la repressione da parte del regime nei confronti della gioventù, forza che sarebbe in grado di abbattere il regime se avesse anche solo un poco di più della libertà che invece le è negata, il 12 gennaio Babak Kramanian, coraggioso studente di Teheran, dopo aver subito pestaggi e minacce perché dissidente, ha comunque accettato di farsi riprendere a viso scoperto dal TG1 e ha raccontato alla giornalista italiana che le dimostrazioni dell’11 dicembre non erano le prime contro il regime di Ahmadinejad e che, contrariamente alle assicurazioni del presidente iraniano che ”nessuno sarebbe stato toccato”, le pressioni contro i giovani sono aumentate.

Margherita Sacerdoti