La Porta di damasco a Gerusalemme

Gerusalemme: cronache dalla Porta di Damasco ai tempi di Trump

Mondo

di Luciano Assin
La strada che  mi conduce dalla porta di Damasco al monte degli olivi è di breve durata, meno di 10 minuti, giusto il tempo per scambiare due chiacchiere con Hammed, il tassista di oggi.  Sposato, 33 anni e una figlia, ha poco tempo per pensare agli sviluppi del discorso di Trump, le sue preoccupazioni si volgono altrove: la famiglia, il lavoro e la sicurezza economica. Cose pratiche di tutti i giorni, identiche a tutte le latitudini. Ci salutiamo con gli auguri di rito, primi fra tutti salute e lunga vita a tutta la famiglia, a 120 anni è la tipica benedizione ebraica in occasioni del genere.

La Gerusalemme odierna è letteralmente assediata da turisti italiani, il ponte dell’immacolata e i voli low cost fanno sì che la rappresentanza del Bel Paese sia schiacciante in fatto di numeri. A differenza di Giovedì ora i negozi sono aperti, e questo ha ridato alla città vecchia il suo aspetto di sempre: vivace, colorato, cosmopolita e in questo caso rassicurante.

La presenza delle forze dell’ordine è senz’altro maggiore rispetto al normale, ma di fatto si riduce a tre punti strategici, la porta di Damasco, quella dei leoni e l’incontro fra la terza e la quarta stazione della via crucis. Tutte postazioni che si trovano all’interno del quartiere musulmano.

L’economia di questo piccolo esempio di  convivenza così fragile ma possibile è basata completamente sul turismo, e non sarei stupito se Abu Mazen e Hanya avessero stretto un tacito patto di non tirare troppo la corda fino alla fine delle festività natalizie.

Intanto dalla striscia di Gaza cominciano a piovere su Israele razzi kassam in maniera sempre più numerosa, si tasta il terreno e le reazioni israeliani per  capire fino a dove possano arrivare i limiti di un governo composto da partiti esclusivamente di destra. E’ notizia di ieri che l’esercito ha scoperto e distrutto un’altra galleria che già si trovava in territorio israeliano e dalla quale sarebbe dovuto uscire un commando palestinese probabilmente intenzionato a colpire uno dei vicini kibbutzim di confine.

Nel frattempo a Gerusalemme c’è stato un primo caso di accoltellamento da parte di un palestinese verso un addetto ai controlli di sicurezza della stazione degli autobus. Un caso isolato o una ripresa dell’intifada dei coltelli? Nessuno può dirlo.

I miei clienti di oggi sono in parte delusi e in parte sorpresi. La Gerusalemme dei Telegiornali è lontana anni luce da quella che si vive in città, d’altro canto un po’ di maretta aggiunge una patina di eroismo a chi ha sfidato il pericolo e ne è uscito vivo. I disordini per il momento sono più lontani e arrivano qui in maniera soffusa. Chi più sorprende per il momento sono gli arabi israeliani che sabato sera hanno bloccato, sia pure per poche ore, una delle arterie principali che conducono al nord del paese bersagliando di sassi le auto in transito.

Il richiamo del muezzin, lo scampanio delle campane e le sommesse preghiere del muro del pianto si fondono in un preludio ancora troppo confuso per intuirne la definitiva sinfonia. Il Talmud ebraico ha stabilito centinaia di anni fa che dopo la distruzione del Santuario di Gerusalemme da parte di Tito, il dono della preveggenza è riservato solo agli stolti, a noi non resta che stare a guardare.

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