Era nel dimenticatoio la succursale di Mauthausen.

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Un villaggio in apparenza idilliaco con casette linde e giardinetti curati: e’ l’ istantanea di Gusen, l’ex campo di concentramento nazista usato come succursale di Mauthausen (Alta Austria) che si estende oggi pari pari sulle rovine dell’ex Lager e in parte su suoi edifici ristrutturati. La storia di Gusen, su cui è tornato da poco il quotidiano austriaco Die Presse, è in realtà molto vecchia e ben nota agli storici, ma finora è sempre stata tenuta in sordina in Austria. Tanto è vero che l’unico monumento alle sue circa 37.000 vittime è stato eretto negli anni ’60 da un gruppo di architetti italiani (Bbpr) su iniziativa di ex deportati di Gusen di Italia, Francia, Belgio, Polonia. I deportati italiani furono oltre 3.000. Nel 1997 il cosiddetto Memorial Gusen passò all’Austria ma solo nel 2004 fu fondato un centro per visitatori con un piccolo museo. L’ex Lager coincide oggi con la pianta di Gusen compresi i nomi delle vie, come la Gartenstrasse che passava un tempo attraverso le baracche e delimita oggi le villette a schiera. Solo l’8 febbraio scorso il governo austriaco si è deciso ad avviare un procedimento per porre sotto tutela una parte dell’area. Il Lager Gusen I era uno dei 49 sottocampi di Mauthausen, a pochi chilometri di distanza, e veniva chiamato dai detenuti il suo gemello terribile. Ma mentre Mauthausen è oggi noto in tutto il mondo, Gusen, il cui complesso (Gusen I,II,III) ha il triste primato di avere registrato il maggior numero di vittime di tutti i Lager nazisti in Austria (circa 120.000 in tutto), è sconosciuto ai più. Dove solo a 62 anni c’erano le baracche, la camere di tortura e il crematorio, oggi c’e’ un ridente paesino di poche centinaia di abitanti.
Fino al ’55 il campo di Gusen I e le cave vicine, dove i detenuti – come recitava il motto del Lager “Sterminio attraverso il lavoro” – lavoravano fino alla morte, sono stati gestiti come cava di granito dai russi, poi cominciò lo sfruttamento commerciale. In breve le ex baracche delle SS sono state vendute e diventate alloggi per operai (furono comprate dalla ditta di materiali edili Poschacher).
Altri immobili finirono in altre mani come il cosidetto ‘Jourhaus’, l’ex edificio di ingresso del campo trasformato ora in una lussuosa villa, come documentato nel sito dell’associazione di ex deportati italiani ‘Aned’ (www. deportati.it). Questo edificio fu comprato dall’imprenditore Friedrich Danner, gia’ proprietario di altre baracche per la sua ditta di funghi champignon, e che lo lasciò poi al figlio Gerhard il quale negli anni ’90 lo ha trasformato in una villa a uso privato. L’ex bordello del campo e’ stato trasformato invece oggi in una casetta bifamiliare. A mettere in moto il procedimento è stata la richiesta di demolizione di due baracche della ditta Poschacher. Contattato dall’agenzia Ansa, il proprietario Anton Helbich-Poschacher, il cui nonno comprò la terra dai russi, ha detto che le baracche sono state abitate per decenni da operai dell’azienda ma che adesso sono troppo vecchie e la cosa migliore da fare sarebbe abbatterle e ricostruirle. Attualmente, ha detto, “una e’ disabitata e l’altra è ancora affittata a operai”.
La sovrintendente dell’ufficio di tutela dei beni ambientali austriaci, Eva Maria Hoehle, ha precisato che le due baracche e le fondamenta dell’ex baracca usata dalle SS per feste saranno i primi siti a essere inclusi nel procedimento di messa sotto tutela. Seguiranno altre due baracche, resti del muro di cinta, altre fondamenta di baracche, la vecchia cava di pietre e il ‘Jourhaus’. Ma l’iter burocratico di Gusen è solo all’ inizio, per la conclusione ci vorrà ancora tempo.