Addio a Tullia Zevi, la signora dell’ebraismo

Italia

di Ester Moscati

Tullia Zevi

Era la signora dell’ebraismo italiano, un punto di riferimento ben oltre la scadenza del suo mandato di Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, carica ricoperta dal 1983 al 1998. Un riferimento che trovava la sua ragione in una vita all’insegna dei valori della cultura, della militanza civile, dell’ebraismo. È sua la firma in calce all’Intesa tra Stato Italiano e UCEI, stipulata nel 1987.

Nata a Milano il 2 febbraio del 1919, famiglia della buona borghesia ebraica italiana, studi di filosofia e musica al Conservatorio,  Tullia si trovava in Svizzera nell’estate del 1938, alla promulgazione delle Leggi Razziali fasciste. Il padre, avvocato, antifascista da sempre, decise di non rientrare in Italia, ma riparare in Francia e poi negli Stati Uniti, dove la giovane Tullia completa gli studi universitari di filosofia e suona l’arpa da professionista, in diverse orchestre. A New York conobbe il marito, l’architetto Bruno Zevi.

È qui che si forma il cosmopolitismo, la cultura vasta e aperta al progresso, la professionalità di giornalista e scrittrice che porteranno Tullia, dopo la guerra, di nuovo in Europa, per seguire da inviata il processo di Norimberga. Poi la corrispondenza per il giornale israeliano Ma’ariv e l’impegno per l’ebraismo italiano, la valorizzazione del suo patrimonio artistico e storico.

Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, premio Cultura della Pace, Tullia Zevi non ha mai mancato di far sentire la sua voce sulle questioni etico-sociali, la tutela delle minoranze, dei deboli della società.

È mancata a Roma, la sera di Sabato 22 gennaio, poco prima del Giorno della Memoria, che ha sempre contribuito a celebrare con rigore, sobrietà, profondità di pensiero e analisi.