La Biblioteca razziata nel 1943 a Roma

Italia

Un accordo per le ricerche.

Dario Tedeschi, in rappresentanza dell’Ucei, ha tenuto un intervento, a Mosca nel novembre 2006, sulla Biblioteca della Comunità ebraica di Roma razziata dai nazisti. Lo presentiamo ora, dopo la firma dell’accordo di ricerca che riportiamo nella sezione In Europa.

La preziosa biblioteca della Comunità ebraica di Roma razziata dall’occupante nazista nel 1943: la possibile collaborazione della Biblioteca di Letteratura Straniera della Federazione Russa alla ricerca del patrimonio smarrito.

Signore, Signori,
partecipo a questo convegno in rappresentanza della Commissione, che ho l’onore di presiedere, costituita in Italia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel — , con il fine di ricostruire le vicende relative al patrimonio bibliografico della Comunità ebraica di Roma, razziato dall’occupante nazista nell’ottobre del 1943.

Tengo innanzitutto a ringraziare la Signora Ekaterina Genieva e la Biblioteca di Letteratura Straniera della Fondazione Rudomino, per il gentile invito a partecipare a questa importante conferenza. Osservo che il tema del convegno, la collaborazione Russo-Europea sulla conservazione e l’uso del patrimonio culturale e storico, è un tema al quale attribuiamo grande importanza e che ci sta molto a cuore. Con la Signora Genieva stiamo, infatti, attentamente studiando la possibilità di realizzare, attraverso i ricercatori della Biblioteca della Fondazione Rudomino e sotto la direzione della Signora Genieva, un programma di attività, da svolgere per verificare se mai si trovi sul territorio russo la preziosa biblioteca della Comunità ebraica romana, della quale fino ad ora si è persa ogni traccia. Come dirò più avanti, è infatti plausibile, sebbene non certa, la ipotesi (ma si tratta di una mera ipotesi) che, terminato il secondo conflitto mondiale e sconfitto il nazismo, le confuse vicende dell’immediato dopoguerra possano averla portata in territorio russo e, non ancora ispezionata, vi si possa trovare attualmente in qualche deposito.

Ringrazio anche l’Ambasciatore d’Italia a Mosca, Ambasciatore Vittorio Surdo, per il prezioso aiuto che ci sta dando per mettere a punto, e definire, un accordo per la ricerca.

. 2 . Come ho avuto modo di narrare in occasione del Symposium tenutosi lo scorso anno in Hannover , la biblioteca della Comunità Ebraica Romana era ospitata nell’edificio ove ha sede la Comunità ed era (ma vorrei dire “è”, usando il tempo presente nella ragionevole convinzione che sia salva in qualche parte) particolarmente preziosa, non solo dal punto di vista venale per la rarità del materiale che la costituiva, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista culturale. Essa comprendeva, infatti, pezzi rarissimi, talvolta unici, costituiti da manoscritti, incunaboli, soncinati, e con questi anche opere cinquecentesche, le cosiddette “cinquecentine”, stampate da Bomberg (tra queste, una prima edizione del Talmud in otto volumi ), Bragadin, Giustiniani. Vi si trovavano anche testi stampati nel cinquecento a Costantinopoli, Salonicco, Cracovia e Lublino e così pure altri testi, secenteschi e settecenteschi, provenienti da Venezia e Livorno. Solamente una minima parte del materiale si salvò fortunosamente dalla rapina, perché custodita in altro luogo. Si sono, infatti, salvati pochi codici biblici membranacei, e con essi alcuni volumi a stampa, tra i quali alcuni incunaboli .
Uno studioso, Isaia Sonne, il quale aveva esaminato quella biblioteca negli anni ’30, ha affermato che vi era collocato circa il venticinque per cento della produzione dei Soncino. I Soncino, lo ricordo, erano stampatori ebrei, che operarono in Italia, per poi arrivare a Salonicco e Costantinopoli, nei secoli XV e XVI. La loro attività era principalmente rivolta a pubblicare a prezzi modici i testi sacri, i commentari e le opere dei rabbini.

La biblioteca, dapprima distribuita tra le cinque “scole” e le trenta confraternite che anticamente costituivano la Comunità ebraica romana è poi confluita in un unico corpo. Essa si era andata costituendo nel corso dei secoli, ma specialmente a partire dal quindicesimo secolo, anche attraverso le donazioni che, come era consuetudine, venivano fatte da famiglie ebraiche. I testi erano prevalentemente scritti in ebraico e riguardavano, non soltanto argomenti strettamente religiosi, filosofici e cabalistici, ma anche di altra natura. Tra i tanti, circa settemila, ne cito, solamente come esempio, alcuni pochi scelti a caso: un trattato di medicina di Avicenna, tradotto dal latino nel 1324 (SONNE, Scelta di manoscritti e stampe della biblioteca della Università israelitica, Roma 1934, pag. 12); un compendio di medicina composto da Abraham Caslari nel 1325 (ibid., pag. 10); altri trattati di medicina, di farmaceutica, di astronomia; un codice contenente un trattato di morale ebraica con tendenza ascetica, tradotto dall’arabo e risalente alla seconda metà del quattordicesimo secolo (ibid., pag. 4,); un supercommento al commento medio di Averroè sopra l’arte logica (L’organo) di Aristotele, codice della seconda metà del quattordicesimo secolo; una raccolta di consulti rituali e legali della prima metà del sedicesimo secolo. In alcuni di essi erano contenuti riferimenti, certamente utili agli studiosi per approfondire la conoscenza di quale fu, nel corso dei secoli, la vita della più che bimillenaria Comunità ebraica romana: per esempio, l’atto di vendita di un codice, avvenuto nel quindicesimo secolo. Senza considerare che, proprio gli argomenti trattati, indicano quali, e quanto vasti, fossero gli interessi culturali di quella Comunità.

In molti casi, la biblioteca conteneva libri che ora sono introvabili altrove perché rimasti in unico esemplare, come aveva accertato uno studioso, il dott. Fabian Herskovits, che aveva visitato la biblioteca nel 1939. Un altro studioso, il dott. Attilio Milano, in una lettera scritta all’allora presidente della Comunità ha affermato: “Certo, nessun’altra biblioteca ebraica italiana possedeva altrettanti tesori librari e la superavano pochissime altre fuori d’Italia”.

. 3 . Purtroppo, manca un dettagliato inventario del complessivo patrimonio librario della Comunità che fu poi razziato. Non è dato di conoscere esattamente le ragioni di tale grave carenza, ma è ragionevole pensare che queste risiedano nel fatto che negli ambienti della Comunità, che solo verso la fine del diciannovesimo secolo era uscita dalle plurisecolari ristrettezze materiali e morali del ghetto romano, non fosse ancora diffusa e radicata la consapevolezza della necessità di organizzare la biblioteca secondo criteri che ne consentissero una agevole e rapida consultazione anche a chi non ne fosse frequentatore abituale. D’altra parte, nessuno poteva immaginare che di quei libri si potesse consumare un saccheggio, totale e razionalmente organizzato, e che un catalogo completo potesse agevolare la ricerca.
Un parzialissimo inventario, denominato “Scelta di manoscritti e stampe della biblioteca della Università israelitica di Roma, esaminati e catalogati da Isaia Sonne”, fu redatto solamente negli anni 1933 e 1934 ed è limitato a circa 120 titoli, a fronte dei circa ottomila volumi scomparsi che stiamo cercando. Quell’inventario, peraltro, non era frutto di una semplice opera di catalogazione, essendo piuttosto un catalogo ragionato e annotato di libri che il compilatore aveva singolarmente esaminato e studiato. Esso, per la sua rilevanza scientifica, è stato depositato, a cura della Unione delle Comunità Ebraiche italiane che lo aveva commissionato all’epoca, presso l’Ufficio della proprietà letteraria del Ministero.
In precedenza, soltanto nel 1895 era stato compilato un elenco dei libri di appartenenza della Confraternita del Talmud Torà (letteralmente, studio della Torà), poi confluiti, come prima accennavo, nell’unica biblioteca della Comunità. Ma questo elenco, anch’esso parziale perché riguarda solamente 3156 volumi, è redatto in lingua ebraica con scrittura corsiva rabbinica italiana ed è stato poi aggiornato con due appendici negli anni 1900 e 1902. Non si tratta propriamente di un catalogo, perché contiene esclusivamente i titoli, con la loro segnatura, dei libri considerati, mentre è purtroppo privo degli altri dati essenziali per la esatta individuazione, quali le indicazioni dei nomi degli autori, degli anni e dei luoghi di stampa.
Esistono peraltro, e ciò appare di rilevante importanza e utilità, i fac – simili dei timbri che la Comunità, pur omettendo la catalogazione, aveva usato per contraddistinguere tutti i libri della sua biblioteca. Fatto questo che potrà essere di ausilio decisivo nella ricerca, proprio perché i libri scomparsi sono tutti contrassegnati da quei timbri.
In un altro piano dello stesso edificio in cui era custodita la biblioteca della Comunità ebraica si trovava pure la biblioteca del Collegio Rabbinico Italiano, distinta e diversa dalla biblioteca comunitaria. Anche i libri di questa biblioteca sono tutti contrassegnati da timbri, ovvero, in taluni casi, da etichette con la indicazione di appartenenza.

. 4 . Il 30 settembre e l’1 ottobre 1943 comparvero negli uffici della Comunità due personaggi in divisa, che ai presenti sembrò essere la divisa delle famigerate SS. Costoro eseguirono una ricognizione dell’una come dell’altra biblioteca ed uno tra loro apparve subito essere particolarmente competente e bibliofilo esperto, tanto che poi si seppe essere un cultore di paleografia e filologia semitica. Una descrizione dell’evento si legge nel conosciutissimo libro di Giacomo Debenedetti “Sedici ottobre 1943”, tradotto in lingua inglese da Estelle Gilson . Su quegli eventi esiste anche un sintetico diario, ora conservato presso la Comunità ebraica di Roma, che fu scritto giorno per giorno dalla allora segretaria della stessa Comunità, signora Rosina Sorani.
In questo diario si legge di una successiva visita dei due personaggi, avvenuta l’11 ottobre 1943, pochissimi giorni prima della razzia e della deportazione degli ebrei romani verso il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, avvenuta il sedici ottobre successivo. Leggo la cronaca scritta dalla signora Sorani: “….dopo poco mi vedo presentare due ufficiali tedeschi; ero sola in ufficio e, dopo aver visitato nuovamente le biblioteche, uno di essi si è attaccato al telefono. Ha telefonato alla ditta Otto e Rosoni per sapere quando potevano mandare un vagone per caricare i libri. Saputo che il vagone sarebbe venuto dopo qualche giorno, si sono rivolti a me e mi hanno detto che loro avevano visto molto bene quanti libri vi erano, in che ordine stavano e dichiaravano quindi le due biblioteche sotto sequestro, che fra qualche giorno sarebbero venuti a prendere i libri ed avrebbero dovuto trovare tutto al loro posto come lasciavano; in caso contrario io avrei dovuto pagare con la mia vita”.
In realtà, il trasporto dei libri avvenne in due tempi diversi. Un primo carico fu eseguito il 14 ottobre, e pare che comprendesse la Biblioteca della Comunità ebraica e parte di quella del Collegio rabbinico. Un secondo carico fu eseguito nel dicembre successivo. A proposito di questo secondo carico, la Commissione ha ritrovato, conservato presso il Bundesarchiv di Berlino, un interessante documento, portante la intestazione “Einsatstab Reichsleiter Rosemberg – Sonderkommando Italien”, sottoscritto da tale Maier, consistente in un resoconto sulle attività compiute nel dicembre 1943 ed inviato a Berlino il 21 gennaio 1944 . In detto resoconto si legge: “Con una missione speciale a Roma il resto della locale biblioteca della sinagoga è stato caricato su un vagone e spedito all’Istituto per la ricerca per la questione ebraica di Francoforte sul Meno. A Roma non esiste altro materiale da acquisire dalla proprietà ebraica”. Oltre alla conferma della data della seconda spedizione, da tale documento sembra potersi acquisire la ragionevole convinzione che, ad occuparsi della razzia, fu lo Einsatstab Reichsleiter Rosemberg, abbreviando E.R.R., e non alcun’altra organizzazione tra quelle, anch’esse appartenenti al regime nazista, che pure si occupavano di razziare beni, anche librari, nella Europa occupata . Notizia questa che, ovviamente, agevola in qualche modo la ricerca, che così può essere indirizzata verso i vari luoghi in cui le E.R.R. avevano le loro sedi e conservavano il materiale saccheggiato. In più, il fatto che una “missione speciale” si fosse occupata della seconda spedizione appare oggettivamente confermare la importanza data dal regime nazista alle due biblioteche.

. 5 . In una precedente relazione della Commissione, quella presentata al Symposium tenutosi in Hannover nel maggio 2005, era stata fatta la affermazione, sulla base di informazioni che erano state date alla Commissione, che la intera biblioteca del Collegio Rabbinico italiano, diversamente da quella della Comunità ebraica, era stata ritrovata e restituita. Le informazioni sembravano, del resto, avere avuto conferma in quanto aveva dichiarato Seymour J. Pomrenze in occasione del Symposium, tenutosi in Amsterdam nell’aprile 1996 sul ritorno delle collezioni saccheggiate. Il colonnello Pomrenze, che era stato direttore dello Offenbach Collecting Point (OCP) dal febbraio al maggio1946, aveva riferito di avere restituito la “storica biblioteca del Collegio Rabbinico di Firenze (comprendente incunaboli)” , intendendo così certamente riferirsi alla biblioteca del Collegio Rabbinico Italiano che, dopo avere effettivamente avuto per un certo tempo la sua sede in Firenze, aveva, al tempo della razzia come lo ha tuttora, la sua sede in Roma.
Proprio in occasione del Convegno di Hannover del 2005, però, i partecipanti italiani ebbero una tanto gradita quanto emozionante sorpresa. Al termine della relazione fatta da chi oggi vi parla, il Direttore della Biblioteca Rosenthaliana di Amsterdam, professore F. J. Hoogewoud, ha consegnato nelle mani dello stesso un Pentateuco di piccolo formato, stampato in Amsterdam nel 1680 da Uri Fhoebus Halevy e portante l’ex libris del Collegio Rabbinico Italiano con talune annotazioni di una famiglia Finzi. Il ritrovamento del libro ha una sua interessante e particolare storia, che è stata illustrata dallo stesso prof. Hoogewoud nel consegnarlo. Egli ha, tra l’altro, osservato che, diversamente da quanto era stato da noi creduto sulla base di informazioni che oggi pensiamo essere probabilmente inesatte, il ritrovamento indica con verosimiglianza che non tutta la Biblioteca del Collegio Rabbinico era stata restituita.
La nostra Commissione vede così ampliato l’ambito della propria ricerca, che peraltro rimane necessariamente unica per la contestualità dei fatti che hanno portato alla razzia delle due biblioteche. E’ ragionevole, infatti, pensare che, se si ritrova l’una, quella della Comunità Ebraica, si dovrebbe insieme trovare la parte dell’altra, quella del Collegio Rabbinico anch’essa riconoscibile dagli ex libris, che non fosse stata restituita.

. 6 . Non esistono altre tracce delle biblioteche, se non quella ora ricordata e con essa quella di due manoscritti custoditi presso il Jewish Theological Seminary di New York , i quali ultimi tuttavia, per varie ragioni, potrebbero non essere tra quelli razziati. Sulla base di concordanti informazioni raccolte presso più fonti attendibili, la nostra Commissione ha acquisito la plausibile convinzione, sebbene non la certezza, che i libri non siano mai andati dispersi sul mercato e che, in seguito alle tormentate vicende belliche, si trovino ora presso unico soggetto, non sappiamo quale, senza che neppure il detentore ne abbia notizia. Infatti, una biblioteca così importante, quale è quella della Comunità ebraica di Roma non può essere svanita nel nulla. Del resto, se i libri fossero caduti, anche in parte, in mano a privati, le inevitabili successioni ereditarie li avrebbero fatti affiorare qua e là.
Neppure sembra che, salvo la eccezione prima ricordata, i libri possano trovarsi custoditi presso biblioteche pubbliche. Infatti, la Commissione, dopo avere provveduto alla digitalizzazione degli elenchi che ho prima menzionato, ha interrogato, sulla base degli stessi, i cataloghi delle biblioteche pubbliche nel mondo, ma, almeno per ora, senza alcun esito.
E’ completamente sconosciuto il percorso dei libri, una volta che furono asportati dalla loro sede. La impresa che allora fu incaricata di trasferire i libri sui vagoni ferroviari, la Otto & Rosoni, ha saputo solamente riferire che questi appartenevano alle Ferrovie germaniche, indicandone anche le sigle ma non la destinazione.
La nostra Commissione, nell’espletamento del proprio compito, che consiste, non solo nella ricerca dei volumi scomparsi, ma anche in indagini di archivio per ricostruirne i percorsi, ha interrogato molti archivi. Tra questi, anche quelli delle Ferrovie italiane, delle Ferrovie germaniche e delle Ferrovie svizzere. Purtroppo non si è avuto alcun esito, se non il ritrovamento del documento di cui prima ho fatto cenno, nel quale si parla solamente dell’ultimo carico, quello del dicembre 1943 con destinazione Francoforte sul Meno. Notizia che coincide con il ritrovamento in Offenbach, ove le ERR avevano trasferito il loro deposito di Francoforte, di libri appartenenti al Collegio Rabbinico Italiano, ma non degli altri libri.
A meno che questi libri siano stati a suo tempo ritrovati anche essi in Offenbach e che siano andati poi dispersi in mani private oppure in biblioteche pubbliche, ipotesi entrambe che per ora sembrano doversi escludere, si potrebbe pensare che, per ragioni a noi ignote, il primo trasporto abbia seguito un diverso percorso ed avuto una diversa destinazione. Potrebbe, ad esempio, essere arrivato ad Hungen, località a trentadue miglia da Francoforte, divenuto un importante luogo di smistamento verso a Ratibor, in Polonia, dove pure le ERR avevano un deposito e vi concentravano libri . Da Ratibor, che è venuta poi a trovarsi nella zona di occupazione sovietica, l’intero deposito potrebbe essere stato trasferito in Unione Sovietica e potrebbe trovarsi nella Repubblica Russa, non sappiamo se e dove .
E’ una ricerca affascinante e molto difficile, a distanza di oltre sessanta anni dagli eventi e per di più con scarsezza di documenti, quella che la nostra Commissione sta svolgendo in tutte le direzioni possibili. Abbiamo compiuto alcune ricognizioni negli archivi e nelle biblioteche degli Stati Uniti d’America e della Germania. Un’altra di completamento ne verrà a breve compiuta, sempre negli Stati Uniti, mentre sono state fatte ricerche nell’Archivio di Stato di Kiev, dove sono conservati documenti delle ERR, tuttavia senza trovare documenti riguardanti la biblioteca scomparsa.

Ancora, l’Istituto Italiano di Cultura sta compiendo accertamenti in Israele, per il caso che, liberata l’Europa dal nazismo, vi possa essere stata inviata una parte dei libri razziati di provenienza ebraica. Ipotesi che per ora non ha trovato conferma e che, comunque, appare abbastanza difficile dato che difficilmente in quel Paese quei libri così importanti sarebbero passati inosservati.
In precedenti incontri, la Biblioteca di Letteratura Straniera diretta dalla Signora Ekaterina Genieva aveva dato la propria disponibilità ad esplorare, nel territorio della Federazione russa, archivi e depositi, nei quali non è escluso che nel dopoguerra, cioè da molti decenni, siano stati accantonati e non ancora catalogati i documenti e i volumi che stiamo cercando. E’ attualmente allo studio una ipotesi di accordo per un programma di ricerca, che comporta un lavoro di indagine archivistica e bibliografica da attuarsi da ricercatori sotto la direzione della Signora Genieva. La Signora Genieva ed il suo Istituto hanno già in passato eseguito una impegnativa ricerca, che ha portato ad altri importanti ritrovamenti.

Abbiamo, perciò, grande fiducia che, con le capacità organizzative e le conoscenze scientifiche del prestigioso Istituto che ha indetto questo convegno e, perché no, con un poco di fortuna, sia possibile raggiungere risultati positivi. Da parte della nostra Commissione assicureremo tutta la collaborazione opportuna, mentre auspichiamo di definire entro breve tempo le intese necessarie.
Concludo con l’augurio di ritrovarci tra breve in un prossimo convegno, questa volta per parlare dell’avvenuto ritrovamento della preziosa biblioteca della Comunità ebraica di Roma!