Il Ministro per la famiglia Lorenzo Fontana

Fontana (Lega): “Aboliamo la legge Mancino”. Lo stop del governo e l’indignazione dell’Ucei

Italia

di Redazione
Abroghiamo la legge Mancino, che in questi anni strani si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano“. La proposta è del ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana: “I burattinai della retorica del pensiero unico se ne facciano una ragione: il loro grande inganno è stato svelato”, aggiunge l’esponente della Lega, bocciando con vigore la tesi secondo cui in Italia vi sarebbe un’emergenza razzista.

La dichiarazione di Fontana, affidata a un post su Facebook, ha scatenato dure reazioni all’interno del mondo politico e non solo.

Il presidente dell’Ucei, l’unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, chiede “al presidente del Consiglio Conte se la proposta di abrogazione della legge Mancino lanciata dal ministro Fontana, ministro per la Famiglia e le disabilità, corrisponde a un progetto del governo italiano che dirige”. Perché “sono parole che offendono profondamente quanto si è inteso difendere a seguito di gravissimi episodi neonazisti e neofascisti e di grave recrudescenza negli anni Ottanta e peraltro ribaditi dalla decisione comunitaria che focalizza i medesimi atti di odio, approvata anche dal nostro Paese”.

“E’ necessario – ha dichiarato Emanuele Fiano a nome del Pd – che sia Matteo Salvini a riferire”, giacché “la legge Mancino afferisce ai compiti propri del ministro dell’Interno. Vorremmo sapere in sostanza se è un proponimento personale del ministro della Famiglia o se il governo abbia effettivamente intenzione abrogare un testo così significativo e necessario. Consideriamo gravissima la presa di posizione del ministro della Famiglia, dato che in Europa, tutti i Paesi, hanno una legge analoga per combattere razzismo, fascismo e discriminazione”.

Indignato anche Roberto Cenati, presidente dell’Anpi Provinciale di Milano. “Un paio di anni fa a Pontida Salvini aveva dichiarato che uno dei primi provvedimenti che avrebbe adottato se fosse andato al Governo sarebbe stato l’abolizione della legge Mancino che condanna il reato di apologia del fascismo e del razzismo. Il momento che stiamo attraversando è veramente molto delicato e pericoloso, per la deriva razzista, xenofoba e antisemita che sta investendo l’Europa e l’Italia. L’antisemitismo è vivo e vegeto in Europa e si manifesta con frequenza sempre più preoccupante. Non accadeva nulla di simile, con tale intensità, dalla sconfitta del nazismo. Come ha ricordato il Presidente Sergio Mattarella nella tragica ricorrenza dell’ottantesimo anniversario del  manifesto sulla “razza”, precursore delle famigerate leggi antiebraiche emanate dal regime fascista, “il veleno del razzismo continua a insinuarsi nelle fratture della società e in quelle tra i popoli . Crea barriere e allarga le divisioni.Compito di ogni civiltà è evitare che si rigeneri.” Abolire la legge Mancino significherebbe distruggere lo strumento giuridico più efficace per contrastare il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo”.

Imbarazzo nella maggioranza di governo

Le dichiarazioni di Fontana hanno creato divisioni anche all’interno della maggioranza di governo. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini – compagno di partito di Fontana – ha inizialmente dihciarato: “Sono d’accordo. Alle idee, anche le più strane, si risponde con le idee, non con le manette”, salvo poi specificare “Non è nel programma di governo”.

Molto dure invece le parole degli alleati al governo del M5S. Luigi Di Maio ha subito precisato che l’abrogazione della legge Mancino “non è nel contratto di governo. È uno di quegli argomenti usati per fare un po’ di distrazione di massa che impedisce di concentrarsi al 100% sulle reali esigenze del Paese: lotta alla povertà, lavoro e imprese”.

E lo stop è arrivato poi anche dal premier Giuseppe Conte su Facebook. “L’abrogazione della legge Mancino non è prevista nel contratto di governo e non è mai stata oggetto di alcuna discussione o confronto tra i membri del Governo” che sottolinea come siano “sacrosanti gli strumenti legislativi che contrastano la propaganda e l’incitazione alla violenza e qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica e religiosa”.

Il post di Fontana

Nel suo lungo post il Ministro per la famiglia sostiene che questi casi “rendono sempre più chiaro come il razzismo sia diventato l’arma ideologica dei globalisti e dei suoi schiavi (alcuni giornalisti e commentatori mainstream, certi partiti) per puntare il dito contro il popolo italiano, accusarlo falsamente di ogni nefandezza, far sentire la maggioranza dei cittadini in colpa per il voto espresso e per l’intollerabile lontananza dalla retorica del pensiero unico”. Insomma, una vera e propria teoria del complotto.

Cosa prevede la Legge Mancino

Reclusione fino a un anno e 6 mesi – o una multa fino a 6 mila euro – per chi propaganda “idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico”, oppure “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Carcere da 6 mesi a 4 anni per chi, “in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Questi i punti centrali della legge Mancino – che prende il nome dell’allora ministro dell’Interno, entrata in vigore con decreto legge nell’aprile del 1993 e convertita nel giugno dello stesso anno – di cui oggi il ministro leghista della Famiglia Lorenzo Fontana torna a sollecitare l’abrogazione.

In base alla legge Mancino, inoltre, “è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”: chi partecipa a organizzazioni di questo tipo o “presta assistenza alla loro attività”, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. La pena è più severa – reclusione da uno a 6 anni – per coloro che “promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi”.

Nella legge, poi, sono previste “disposizioni di prevenzione”: chiunque, “in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali” di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che incitano a discriminazione e razzismo “è punito con la pena della reclusione fino a 3 anni”: con lo stesso articolo si vieta la propaganda fascista e razzista negli stadi, disponendo che “è vietato l’accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con emblemi o simboli” di tal genere e “il contravventore è punito con l’arresto da 3 mesi ad un anno”. Per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo e commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, o al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, la pena è aumentata fino alla metà.

Reclusione da 6 mesi a 2 anni, infine, per “chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a 3 anni”.