Comunità come testimonianza

Italia

“Quando una comunità diventa numericamente esigua e non ha in previsione un incremento di popolazione, se vuole sopravvivere deve operare una scelta che può diventare, come abbiamo fatto noi, una funzione di testimonianza”. È Elio Carmi, assessore alla cultura (uno dei tre membri del Consiglio), che parla e la Comunità è quella di Casale Monferrato.

Casale Monferrato ebraica conta infatti oggi 36 iscritti, praticamente due antiche e grandi famiglie. Ha una sinagoga unica in Italia per il suo esuberante decoro barocco – piemontese, due musei (uno di arte e storia antica e uno originalissimo, quello dei Lumi di arte contemporanea, la cui collezione raggiungerà presto i novanta pezzi), due unici impiegati, di cui uno part time. Eppure 17 mila persone all’anno entrano nella sinagoga e nel museo e partecipano alle manifestazioni ebraiche che la Comunità organizza. A queste bisogna aggiungerne alcune altre migliaia che negli ultimi due anni (nel 2008 si arriverà alla 3° edizione) prendono parte al Festival di Oyoyoy! tra maggio e giugno, una “porta d’accesso trasversale nel mondo ebraico”, in cui entrare senza preconcetti per conoscere cultura, teatro, cinema, musica e anche religione ebraica.

Ma, accanto a questa esplosione di interesse del mondo esterno, esiste anche una vita religiosa dei membri della Comunità?
Celebriamo tutte le principali festività, sotto gli occhi attenti di rav Laras. Abbiamo appena smontato la sukkà che diventa anche momento di incontro con la cittadinanza. Stiamo preparando la festa di Chanukkà durante la quale, per tradizione, alcuni artisti donano al museo dei Lumi loro opere originali. Quest’anno ne aspettiamo dieci nuove, e raggiungeremo così i novanta pezzi. A quota cento vogliamo organizzare mostre itineranti di alcune di queste opere per farle conoscere. Abbiamo infine in programma culturale per il 27 gennaio. A quel punto, fino a Purim, abbiamo un momento di sosta.

Riuscite a far fronte agli impegni di vita comunitaria e con il mondo esterno? Non avete mai pensato di lavorare con le altre comunità vicine?
In effetti esiste già una collaborazione. Durante il Festival Oyoyoy! sono state aperte anche le sinagoghe di Vercelli, Alessandria, Asti ed è stata coinvolta la città di Moncalvo; è stata allestita a Valenza una mostra su Luzzati e a Trino Vercellese una su Primo Levi. Mai come quest’anno il Festival ha offerto un respiro internazionale a Casale. Si tenga però conto che il Festival non è organizzato dalla Comunità ma da un ente a parte, il Monferrato Cult onlus, formato da tre soci, l’editore, Antonio Monaco, il libraio Giancarlo Giorcelli ed io stesso, con Claudia De Benedetti, alla presidenza del comitato scientifico.
Non abbiamo quindi alcuna preclusione a lavorare con altre comunità. Probabilmente, potremmo iniziare a intensificare la collaborazione con quella di Vercelli, che è vicina a noi ed ha molte caratteristiche analoghe alla nostra. Ma sarebbe anche utile iniziare un discorso regionale in cui nascano comunità consortili. Del resto se ne parla anche nello Statuto dell’Ucei.

Pensi che l’Ucei dovrebbe muoversi al riguardo?
L’Ucei è essenzialmente romano – centrica e valuta l’importanza delle comunità dal numero di suoi iscritti. In questo caso, però, non è possibile avere un approccio “parametrato”: se 36 persone riescono a coinvolgerne almeno 20 mila all’anno, diffondendo cultura e conoscenza dell’ebraismo tra non ebrei, forse non è possibile guardare ai numeri in assoluto per valutarne l’importanza. E, se l’Ucei fosse consapevole di questo lavoro, dovrebbe darci una mano. Come? Per esempio, non imponendoci un suo commercialista a pagamento come revisore dei conti, visto che fino adesso abbiamo sempre avuto amici che, anche in questo campo, ci hanno aiutato gratuitamente. E, in una comunità così piccola, con un consiglio di tre persone, è sempre difficile far quadrare i conti.