A destra qualcosa di nuovo, anzi di vecchio: i Rossobruni. Quando gli estremi si toccano

Italia

di Nathan Greppi

Antisemitismo di carta: viaggio nell’editoria nera. Nazi-maoisti, antiglobalisti, neo-sovranisti, neo-marxisti… Pseudo-dissidenti che arringano con le loro idee malate dalle colonne di periodici, siti web, blog, riviste… Come si ridefinisce oggi la galassia di estrema destra? Che impatto ha su ebrei e Israele? Ecco la mappa di un fenomeno inquietante. Un’inchiesta

Chi, a Milano, passasse davanti a una qualsiasi edicola, avrebbe buone probabilità di notare una rivista dal contenuto controverso: Il Primato Nazionale, organo di stampa di CasaPound. Ma a stupire ulteriormente è il fatto che tra le firme della rivista non compaiono solo figure legate all’estrema destra, ma anche personaggi come il filosofo Diego Fusaro, che si dichiara “marxista”. Fusaro è solo l’esponente più famoso di tutta una corrente che, in Italia, raggruppa accademici, giornalisti e blogger che mescolano idee di estrema destra con altre di estrema sinistra: neofascisti che elogiano Hugo Chavez e Che Guevara, marxisti che credono nel Piano Kalergi, ciarlatani che fanno gli anticonformisti di professione. Chi se ne occupa da vicino spesso tende a chiamarli “rossobruni”. Ma chi sono veramente? Si tratta di un fenomeno nuovo? E che cosa c’entra con gli ebrei e l’antisemitismo?

EDITORI COMPLOTTISTI
Partiamo dalle origini culturali, e in particolare dall’editoria: il primo intellettuale italiano a teorizzare l’ibridazione dei due estremismi politici fu Franco Freda, esponente del movimento neofascista Ordine Nuovo e processato per la Strage di Piazza Fontana. Nel 1963 Freda, che si dichiara “nazi-maoista” ed estraneo ai concetti di destra e sinistra, fondò le Edizioni di Ar, una casa editrice che pubblica tutt’oggi testi di stampo neonazista, compresi volumi che promuovono il negazionismo e teorie del complotto antisemite. Inoltre, come racconta il saggio Verdi, Rossi, Neri del politologo francese Alexandre Del Valle, nel 1969 Freda organizzò a Padova la prima grande manifestazione filopalestinese in Italia.

Ma chi ha davvero introdotto il “rossobrunismo” in Italia è stato l’editore Claudio Mutti, che negli anni Sessanta aderì al movimento Giovane Europa fondato dal politico belga Jean Thiriart il quale, se da un lato era un nostalgico del Terzo Reich, dall’altro, durante la Guerra Fredda, prese una posizione filosovietica in chiave antiamericana e antisionista. Tra gli italiani che fecero parte di Giovane Europa si possono annoverare anche lo storico Franco Cardini e l’eurodeputato leghista Mario Borghezio. Mutti in passato collaborò con le Edizioni di Ar, per le quali nel 1976 curò una nuova edizione dei Protocolli dei Savi di Sion, la seconda in Italia dopo quella curata da Giovanni Preziosi in epoca fascista. Inoltre, quando nel 1985 Mutti decise di convertirsi all’Islam sciita (tanto da fondare una rivista chiamata Jihad), prese il nome musulmano di “Omar Amin”, lo stesso adottato dall’accademico nazista Johann Von Leers, uomo di fiducia di Goebbels, quando anch’egli si convertì all’Islam.
Mutti è anche quello che più di altri ha promosso l’antisemitismo e l’antisionismo a livello editoriale: infatti, nel 1978, ha fondato a Parma le Edizioni all’Insegna del Veltro, che oltre a ristampare pensatori filofascisti come Julius Evola e negazionisti come Robert Faurisson, pubblica la rivista Eurasia: a differenza di altre pubblicazioni legate all’estrema destra, questa è molto più curata nello stile e nei contenuti, tanto che molti di coloro che ci scrivono sono docenti universitari e, in passato, anche lo storico Sergio Romano fece parte del suo comitato scientifico. Ma ciò non la rende meno estremista, tutt’altro: nel gennaio 2018, ad esempio, un articolo firmato dall’arabista Enrico Galoppini afferma che senza Hezbollah “avremmo un Vicino Oriente completamente in balia del sionismo e dei suoi agenti, anche in Europa”.

A ulteriore prova di quanto il movimento Giovane Europa di Thiriart fosse antisemita e antisionista, vi è il fatto che un suo militante, il belga Roger Coudroy, nel 1968 si arruolò volontariamente nell’OLP, e in seguito morì in uno scontro con l’esercito israeliano. Nelle sue memorie, pubblicate nel 2017 dalla casa editrice neofascista Passaggio al Bosco, Israele viene descritta come una forza malefica, serva dell’imperialismo americano. Questo non è il primo testo scritto su Coudroy: già nel 1971 fu citato in un volume curato da Mutti per le Edizioni di Ar, intitolato Il nemico dell’uomo; dove per “nemico” si intende il sionista.
Ma quanto seguito e presa hanno veramente queste case editrici? Secondo un rapporto del CDEC, Centro Documentazione Ebraica Contemporanea, nel 2017 sono stati pubblicati 66 volumi con contenuti antisemiti da 23 diverse case editrici, perlopiù attive da decenni: tuttavia, il numero totale di case editrici in Italia è più di 4.000, che nell’ultimo anno hanno pubblicato circa 61.000 volumi. Inoltre, su 23, solo 4 compaiono nella mappa stilata dall’Associazione Editori Italiani (AIE) dei maggiori marchi editoriali nostrani, e nessuna di queste 4 rientra tra quelle apertamente neofasciste.
Come dichiara Stefano Gatti, ricercatore dell’Osservatorio Antisemitismo del CDEC, «queste case editrici hanno pochi lettori, ma fedeli; c’è piuttosto una maggiore diffusione di testi complottisti, anche perché con internet è più facile venderli. Inoltre, mentre una volta li trovavi solo in librerie di nicchia, oggi questi libri si trovano anche in quelle maggiori; una volta, la Feltrinelli non avrebbe mai esposto Julius Evola».
Tra i maggiori rappresentanti del filone cospirazionista spicca la Arianna Editrice, che oltre a divulgare testi sulla decrescita e le diete vegane, pubblica numerosi volumi sulle maggiori teorie del complotto (antisemite e no), tra cui un volume sui Rothschild e uno su Israele, quest’ultimo scritto da Giacomo Gabellini, collaboratore di Eurasia. Inoltre, sia sul loro sito, sia sulla pagina Facebook, danno voce a vari opinionisti reazionari e antiliberali.

L’ASCESA DELLA RETE
Non è solo nel mondo dei libri che vengono diffuse determinate ideologie: in un altro rapporto del CDEC, relativo al 2016, compaiono anche cinque periodici cartacei che pubblicano (o pubblicavano) testi antisemiti. Tra questi, due rientrano appieno nel filone rossobruno: uno è la già citata Eurasia e l’altro è il quotidiano Rinascita, che si definisce “di sinistra nazionale”. Quest’ultimo caso è degno di nota anche perché il fondatore, Ugo Gaudenzi, da giovane aderì al movimento Lotta di Popolo che, come Ordine Nuovo, si definiva “nazi-maoista” e nacque a Roma dalla scissione voluta da alcuni membri italiani di Giovane Europa, ivi compreso Claudio Mutti. Oltre a prendere posizioni apertamente contro Israele, definito “entità sionista”, Rinascita ha più volte ospitato articoli scritti da negazionisti come Carlo Mattogno, Claudio Moffa e il già citato Faurisson, in cui la Shoah veniva definita “impostura” e le camere a gas “centri di disinfestazione”.
Un’altra rivista rossobruna che ha ospitato Mattogno è stato il mensile Orion, che ha chiuso nel 2007 e si definiva “un punto rosso nella galassia nera”. Questo mensile, fondato dall’ex-militante del MSI Maurizio Murelli, promuoveva esplicitamente diverse teorie cospirazioniste sugli ebrei: nel febbraio 1989, ad esempio, accusarono la “massoneria ebraica” di aver approfittato di Pearl Harbor per spingere l’America ad entrare in guerra contro i nazisti.

Se da un lato queste testate hanno molta meno presa oggi, soprattutto per la crisi della carta stampata, dall’altro le loro idee hanno trovato un enorme sbocco su internet.
Su questo fronte, è significativo un evento accaduto nel maggio 2013: la Guardia di Finanza scoprì che Rinascita aveva falsificato il numero di copie vendute per farsi erogare dallo Stato italiano 2,3 milioni di euro per i contributi all’editoria. Tuttavia, un anno prima che Rinascita venisse travolta da questo scandalo, uno dei loro collaboratori, l’allora ventenne Sebastiano Caputo, fondò a Roma il giornale online L’Intellettuale Dissidente, che in pochi anni è riuscito a fare molto proselitismo, soprattutto tra i ragazzi: difatti, la loro redazione è composta quasi unicamente da giovani sotto i 30 anni, e su Facebook è seguito da oltre 90.000 persone.
Sebbene sia nato sul web, L’Intellettuale Dissidente ha contenuti molto simili a quelli delle testate rossobrune che l’hanno preceduto: il 27 gennaio 2014, ad esempio, definivano il Giorno della Memoria “Giornata della Cicoria”, tanto che il giorno stesso il quotidiano Il Messaggero lo inserì tra i siti emergenti dell’estrema destra romana; durante gli scontri tra Israele e Hamas dello stesso anno, invece, Caputo scriveva che “il sionismo internazionale e il governo di Netanyahu si stanno masturbando sui bombardamenti che si svolgono quotidianamente a Gaza”, aggiungendo che i media italiani sarebbero tutti in mano ai sionisti.
Ma L’Intellettuale Dissidente è solo la punta di un iceberg molto più grande: infatti, in Italia esistono diversi siti, blog e profili social che inneggiano a strani miscugli di marxismo e sovranismo, aventi come comune denominatore l’odio per la globalizzazione, gli USA e Israele. Tuttavia, come spiega lo storico e ricercatore dell’Università Statale di Milano Elia Rosati, «Orion, come ogni rivista d’area, oggi ha una diffusione decisamente limitata ed è difficile che molti leggano le tesi di Franco Freda. Piuttosto prevale il complottismo antisemita alimentato dal web (di formulazione anglosassone), per cui non si accusano le ‘lobby ebraiche’, ma le lobby ‘globaliste’. Si fa un elenco di chi gestisce le banche, le fondazioni, i media, e ‘casualmente’ sono sempre ebrei (come George Soros), di cui i politici sarebbero dei burattini. Si attaccano le elite finanziarie che, attraverso l’immigrazione e la globalizzazione finanziaria, vorrebbero distruggere i popoli sovrani. Al centro di tutto ciò ci sarebbero come protagonisti personaggi di origine ebraica, che invece vogliono preservare la loro identità. È un antisemitismo sottile: mentre Orion o altre riviste neofasciste citavano chiaramente le centrali di potere statunitensi (ebraiche), oggi ciò non avviene, ma si fa in modo che il lettore sia indotto ad arrivarci da solo. E così è molto più efficace; infatti Fusaro non si esprime su Orion, ma su La 7», conclude Rosati.
Per quanto riguarda la terminologia, Rosati aggiunge che «c’è un problema di fondo: il termine ‘rossobruno’ non vuol dire niente (come neanche “sovranista”), visto che è nato in relazione a movimenti dell’Est Europa, come il Partito Nazional Bolscevico fondato negli anni ’90 da Eduard Limonov, che nascevano in un paese ex-socialista e rivendicavano un imperialismo di tipo sovietico, per poi assumere caratteri razzisti e xenofobi». Tuttavia, nel caso dell’Italia, la maggior parte degli esponenti di questo pensiero proviene da ambienti di destra, con l’eccezione del defunto filosofo Costanzo Preve.

PARTITI E MOVIMENTI
Finora abbiamo visto la presa di queste idee soprattutto in ambito culturale: ma hanno una ricaduta e una rappresentanza sul piano politico? E se sì, quale? Per trovare risposte occorre tornare agli anni Sessanta, e in particolare ai subbugli del ’68: il primo marzo di quell’anno, infatti, fece scalpore quella che oggi viene ricordata come la Battaglia di Valle Giulia: in quell’occasione, movimenti studenteschi di estrema sinistra ed estrema destra si coalizzarono per occupare l’Università La Sapienza di Roma dopo essersi scontrati con la polizia. Mentre nel 2011 fece molto discutere la decisione dello scrittore Antonio Pennacchi, che da giovane militò sia nel MSI che nel PCI, di creare per le elezioni comunali di Latina una lista “fasciocomunista”, a sostegno di Gianfranco Fini, che però ottenne solo l’1%.
Ma anche tra gli editori e giornalisti rossobruni c’è chi si è impegnato personalmente in politica: il proprietario della Arianna Editrice, Giorgio Gustavo Rosso, nel 2014 è stato eletto consigliere comunale a Cesena con il Movimento 5 Stelle. Chi invece si è dimostrato meno coerente, forse per interesse, è Sebastiano Caputo: sebbene oggi non nasconda le sue simpatie per i deputati grillini Manlio Di Stefano e Carlo Sibilia, nel 2013 si candidò come consigliere comunale a Roma con il PDL.
I casi in cui gli estremi si toccano non sono esclusivamente italiani, tutt’altro: oltre a Limonov, è importante il filosofo francese Alain De Benoist, che da tempo predica l’unione dei populismi di destra e sinistra contro le elite, una teoria che ha trovato parziale conferma quando, alle elezioni francesi del 2017, Marine Le Pen ha chiesto ai sostenitori del socialista Melenchon di votarla per contrastare gli europeisti. Ma nonostante l’appello della Le Pen, solo il 7% di chi ha votato Melenchon al primo turno ha votato per lei al secondo, contro il 52 per cento che è passato con Macron. In conclusione: quello del rossobrunismo non è certo un fenomeno nuovo né omogeneo. Ma è chiaro che la sua diffusione non è un bene per nessuna identità e cultura di minoranza, che si tratti del benessere degli ebrei o di quello dell’Italia democratica nel suo complesso.