La Grotta dei patriarchi

La Grotta di Machpelà al centro di una nuova diatriba all’Unesco

Israele

di Ilaria Ester Ramazzotti

Si è aperta il 2 luglio a Cracovia l’annuale sessione del Comitato per il riconoscimento dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco, a cui l’Autorità Palestinese ha richiesto di iscrivere fra i patrimoni a rischio dello Stato di Palestina (che l’Unesco riconosce come tale e come membro dal 2011) il centro storico di Hebron in Cisgiordania, che comprende la Tomba di Abramo e dei patriarchi.

Dopo quella sul Tempio di Gerusalemme, sembra così prendere il via una nuova diatriba legata alla ‘proprietà’ storica e culturale dei luoghi e simboli religiosi. La Tomba dei patriarchi a Hebron, Grotta di Machpelà secondo la tradizione ebraica, è legata alle tre fedi monoteiste poiché conserva le tombe attribuite ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe e delle matriarche Sara, Rebecca e Lea. Adiacente al luogo si trova inoltre la sepoltura attribuita al patriarca Giuseppe, mentre nell’insieme il sito è diviso fra una moschea e una sinagoga.

Secondo Carmel Shama HaCohen, ambasciatore d’Israele all’Unesco, la proposta d’iscrizione del sito nella lista dell’Unesco è «un nuovo fronte nella guerra ai luoghi santi che i palestinesi stanno tentando di appiccare come parte della loro campagna contro Israele e la storia del popolo ebraico», come pubblica La Stampa. «Israele non prenderà parte e non legittimerà alcun gesto politico palestinese sotto il pretesto della cultura e della tutela del patrimonio», ha sottolineato HaCohen, riporta la stampa israeliana.

«Non è che l’ultima cinica azione dei palestinesi per cancellare la storia ebraica trasformando i luoghi più santi del giudaismo, come il Muro occidentale, la Tomba di Rachele e le Tombe dei patriarchi in luoghi musulmani», ha dichiarato con un comunicato il Centro Simon Wiesenthal.

«Sono leader di opposizione in Israele, ma non sono in opposizione alla storia del mio popolo e non in opposizione alla verità», ha detto il politico israeliano Tzipi Livni, come riportano Ynet news e Times of Israel. «Queste decisioni non danneggiano il legame dei miei concittadini con [Gerusalemme e Hebron], ma faranno male all’Unesco e alla capacità di promuovere interessi comuni».

Gli esperti dell’Unesco hanno tuttavia comunicato all’Autorità palestinese di essersi concentrata eccessivamente sulla storia musulmana di Hebron, escludendo nella richiesta presentata l’eredità giudeo-cristiana del luogo. Lo riporta il Jerusalem Post del 2 luglio. Ciò, combinato con la decisione di Israele di vietare agli esperti dell’agenzia dell’Onu un sopralluogo della città, rende difficile concludere se esista una situazione di emergenza del sito, ha dichiarato in un rapporto il Consiglio internazionale sui monumenti e siti (Icomos) dell’Unesco.

È attesa per il prossimo 7 luglio la votazione del Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, che conta 21 membri: Angola, Azerbaigian, Burkina Faso, Croazia, Cuba, Finlandia, Indonesia, Giamaica, Kazakistan, Kuwait, Libano, Perù, Filippine, Polonia, Portogallo, Repubblica di Corea, Tunisia, Turchia, Tanzania, Vietnam e Zimbabwe.