Israele accoglie i rifugiati del Darfur

Israele

Un tema di grande dibattito al momento è lo scandaloso silenzio del mondo sulla situazione in Darfur.
Il Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu non affronta seriamente l’emergenza dei profughi sudanesi in fuga da un genocidio in atto e i media non affrontano il tema come dovrebbero. Dopo tanti sforzi delle organizzazioni non governative e delle associazioni, finalmente si comincia a sentire più di frequente che c’è un genocidio in atto in Sudan. A questo punto un’altra domanda sorge spontanea: dove vanno a finire i profughi? Non mi pare di aver sentito che il meraviglioso continente europeo che tanto vanta una tradizione e un alto livello di rispetto per i diritti umani stia accogliendo le migliaia di profughi in fuga. Non mi pare neppure che gli Stati Uniti abbiano aperto le porte a queste vittime disperate. Quali sono i paesi che li accolgono allora?

Arrivando in Israele per una vacanza, dopo aver letto qualche giornale israeliano e soprattutto dopo aver parlato con parecchi cittadini israeliani, studenti e lavoratori, ho scoperto che uno dei principali temi di dibattito in Israele al momento è proprio la questione dei rifugiati del Darfur. Dal Sudan, migliaia di persone raggiungono faticosamente il nord dell’Africa, arrivando in Egitto.
L’Egitto, che da quest’anno è anche membro del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu a Ginevra, non accoglie questi rifugiati dando loro lo status di rifugiati appunto, aiutandoli ad inserirsi nella società e aiutandoli a trovare un lavoro. I rifugiati sudanesi per questa ragione hanno manifestato più volte il loro dissenso per il trattamneto ricevuto alle autorità egiziane e la risposta è stata immediata: la fucilazione. Il giornale irsaeliano Jerusalem Post di giovedì 9 agosto riporta la testimonianza di un soldato israeliano che ha assistito all’uccisione da parte di un soldato egiziano di un rifugiato che cercava di attraversare il confine con Israele.

Dall’Egitto i poveretti cercano di entrare in Israele sperando di trovare miglior sorte. Assieme ai rifugiati dal Darfur però, entrano anche altri gruppi non di rifugiati bensì di individui che cercano una vita migliore, un lavoro in un paese, come Israele, che sicuramente può offrire più opportunità dei paesi vicini. Il dibattito interno al paese verte su due punti: da un lato Israele non può non accogliere chi fugge da una situazione drammatica, simile a quella che hanno vissuto gli Ebrei 60 anni fa. Quando ogni anno il 27 gennaio noi diciamo “mai piu”, intendiamo che nessun popolo deve essere perseguitato e in questo momento Israele ha il dovere di aiutare chi cerca salvezza e protezione da un genocidio. Inoltre questi rifugiati non possono restare in Egitto, perché qui i diritti umani non vengono rispettati e per chi fugge dal Darfur, arrivare in Egitto non è raggiungere la salvezza.
Allo stesso tempo assieme a loro entrano anche altri immigrati illegalmente in cerca di lavoro. Israele è un paese piccolo, con un sacco di problemi interni ed esterni e soprattutto con la necessita di assicurare una maggioranza ebraica per il futuro all’interno del paese. Il primo ministro Olmert un mese fa aveva annunciato che Israele avrebbe rimandato all’Egitto molti dei rifugiati entrati proprio attraverso il Sinai, ma la sua decisione è stata bloccata da un’ondata di proteste da parte di Amnesty International, Yad Vashem e altre associazioni.

La questione è molto delicata e la speranza è che l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati prenda in mano la situazione, come sembrerebbe essere secondo quanto dichiarato dal responsabile HCR in loco, ma come si sa, le Nazione Unite si muovono sempre molto lentamente, proprio perché dipendono da Stati che difendono i proprio interessi prima di tutto.