Al Parenti, terzo incontro di Gariwo sulla Crisi dell’Europa e i Giusti del nostro tempo

Eventi

di Roberto Zadik

Viviamo in un’epoca dominata da populismi, nazionalismi e estremismi e tutto l’entusiasmo degli anni ’90 verso l’Europa unita e l’Unione Europea sembra stia dissolvendosi in un crescendo inesorabile di chiusure, intolleranze e progressiva disgregazione del Vecchio Continenti. Ma che fine stiamo facendo e com’è nata l’Unione Europea? Cosa sta succedendo nei Paesi dell’Est europea e quali le possibili soluzioni per salvare il salvabile? Questi e molti altri i temi dell’interessante terzo appuntamento di Gariwo al Teatro Franco Parenti che si è tenuto in una interessante serata su “La crisi dell’Europa e i Giusti del nostro tempo”, terzo degli incontri organizzati da Gariwo e dal suo presidente Nissim, cominciati lo scorso 17 gennaio con la serata sui Genocidi e proseguiti il 14 marzo con la lotta al terrorismo. Argomenti  importanti e di grande attualità che hanno coinvolto un vasto pubblico nella Sala Grande del Teatro diretto da Andrèè Ruth Shammah.

Relatori dell’incontro, moderato da Gabriele Nissim, sono stati Sergio Scalpelli, presidente dell’Associazione Pier Lombardo e direttore del Progetto Accademia del Presente, Ferruccio De Bortoli, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah, il giornalista  ebreo polacco Konstanty Gebert, che ha dedicato anni di esperienza alla Memoria della Shoah nel suo Paese impegnandosi in progetti importanti come la realizzazione nel Giardino dei Giusti nel Ghetto di Varsavia e il filosofo ed ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari.

A cominciare gli interventi è stato Scalpelli che ha ricordato come “da due o tre anni stiamo vivendo in una fase storica molto tesa in cui è iniziata una grande crisi socio economica che ha colpito l’Europa e che non sembra avere termine e dove in questo scenario di precarietà economica e lavorativa si stanno affermando pericolose tendenze separatiste e frammentarie, come nel caso della Brexit in Gran Bretagna e ritorni al passato e al nazionalismo come in Francia, in Ungheria, Polonia o anche Italia dove minoranze agguerrite cercano di affermarsi puntando sul malcontento popolare e lo stesso stanno facendo anche Trump negli Stati Uniti e Putin in Russia credendo che isolarsi e erigere muri serva a qualcosa”.

Da segnalare il ruolo di moderatore dell’incontro di Gabriele Nissim che ha segnalato come questa sia “un’epoca di profondo disagio dove va di moda mettere delle barriere, l’attuale idea di felicità consiste nel costruire muri, rifugiandosi nelle proprie chiusure e in questa Europa siamo come quelli che sul Titanic festeggiavano allegramente mentre c’era l’iceberg ad attenderli”. Preoccupato per quanto sta accadendo nel mondo, Nissim ha messo in risalto la centralità di creare un movimento europeista che parta dal basso e dalla gente comune e che “come discutevamo con Gebert, proponga una carta di valori, di solidarietà, unitarietà e accoglienza che vada in controtendenza ai movimenti xenofobi e separatisti che si stanno affermando attualmente”. Durante la serata,i relatori hanno messo l’accento sull’importanza di difendere “questa Europa nonostante i suoi tanti difetti” come ha sollecitato De Bortoli, “preservando la democrazia, i valori europei di pace, tolleranza e protezione per le minoranze anche a costo di grandi sacrifici. Abbiamo avuto un periodo di pace molto lungo, grazie alla pace sociale ottenuta in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale e se si torna indietro, se ci si separa dagli altri,ognuno per conto proprio si rischia di perdere tutto questo”.

Molto efficace l’intervento di Gebert, che ha espresso alcune considerazioni sull’attuale situazione europea raccontando qualche aneddoto sul clima che si sta respirando in Polonia e nell’Europa dell’Est in questa tormentata fase storica. “La Polonia in questi anni” ha esordito “ ha tratto grandi benefici dall’entrata in Europa di diversi Paesi, dalla Bielorussia alla Romania e per questo nazionalismi e populismi sarebbero molto rischiosi e implicherebbero un ritorno al passato”. Ha proseguito sottolineando che “uscire dall’Europa provocherebbe guerre, impoverimento e bisognerebbe essere disposti a rinunce e sacrifici pur di restare tutti uniti”. Nel suo discorso ha ribadito quanto sia fondamentale “non perdere mai la speranza. A questo proposito, abbiamo vissuto tanti momenti difficili e grandi svolte nell’ultimo ventennio. Ricordo ancora lo stupore di quando nel 1989 è caduto il Muro di Berlino e per noi è cominciata una nuova era.”

Parlando dell’attuale scenario in Polonia, Gebert ha detto “è vero che c’è più sviluppo e occupazione ma siamo governati da pazzi nazionalisti” ha proseguito il giornalista  “Nonostante la crisi che l’Europa sta vivendo nella parte occidentale” ha continuato “bisogna continuare a restare uniti, cercando di sacrificarsi e di fare cose che non fanno piacere ma sono importanti per il bene di tutti. Stiamo arrivando a pericolose derive nazionaliste e non sappiamo bene quali saranno le conseguenze e di quale sarà il prezzo da pagare”. Nel suo discorso egli ha ricordato i benefici di “pace, libertà e tolleranza” tipici dell’Europa unita e che anche le voci di dissenso proliferino perché siamo ancora in un clima di democrazia e di libertà garantito da valori europei e non c’è una reale percezione, secondo me, di quanto stiamo rischiando in questa fase se tutto questo andasse perduto.  “In Bielorussia, a Kiev, in Romania” ha proseguito “credono ancora nell’Europa e lottano in piazza per riaffermare la loro appartenenza all’Unione mentre a Occidente si sta perdendo questo interesse e ogni Paese pensa a sé”. “Però tornare ai nazionalismi” ha ricordato “implica molti prezzi da pagare così come se vogliamo mantenere quello che abbiamo dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, fare autocritica e non passare il nostro tempo a criticare Bruxelles, a dare la colpa agli altri dei nostri difetti”.

De Bortoli e Cacciari,hanno espresso la necessità, pur con le reciproche differenze di opinione “di essere realisti e pragmatici in questa fase delicata, cercando di credere nell’Europa” come ha detto l’ex direttore del Corriere “pur con tutte le manchevolezze e i punti deboli mostrati in questi anni”. “Non dobbiamo pensare che la storia non si possa più ripetere” ha specificato De Bortoli “e i nazionalismi implicano un pericoloso ritorno al passato. Ho notato in questi anni un grande ritorno di antisemitismo, una strana nostalgia diffusa verso i regimi totalitari e dobbiamo dialogare maggiormente con le giovani generazioni di europei affinchè prendano coscienza di queste emergenze. A provocare questo clima, ci sono state crisi economica, problemi di reddito e di occupazione, globalizzazione e impoverimento della classe media ma uscire dall’Europa sarebbe un suicidio anche per l’Italia, alienandosi il mercato delle esportazioni all’estero che registra ancora oggi numeri importanti e rischiare di perdere le conquiste avvenute finora.” “Per questo” ha ricordato “anche se come dicono tanti l’Europa fa schifo dobbiamo essere obbiettivi e concreti e cercare di vivere tutti assieme lavorando per il bene comune.”

Molto acuto e non privo di spunti sarcastici, il discorso di Massimo Cacciari che ha segnalato il dovere di “farsi un esame di coscienza dell’Europa, analizzando senza sconti difetti e mancanze di un Continente che è sempre stato una egemonia dominatrice verso gli altri e il tempo delle retoriche e dei grandi discorsi idelaistici è finito”. Nella sua relazione lo studioso ha spiegato come “tralasciando i grandi discorsi,l’Europa in questi anni è stata tenuta unita da vantaggi economici e da politiche volte al benessere  e l’Unione Europea invece che agire come una Confederazione di Stati paritari fra loro si è comportata come uno Stato nazionale accentratore”. “E’ una priorità” ha concluso Cacciari “ragionare criticamente sulla storia, sul presente e sul nostro futuro perché la nostra generazione ha fallito. L’Europa non ha portato solo progresso, democrazia e Stato moderno e di Diritto ma anche di dittature, totalitarismi e genocidi e molte sono le sue manchevolezze del presente e del passato. Non dobbiamo pensare a un sistema di valori astratti ma a qualcosa di utile e di valido per tutti”.