A Palazzo Marino una conferenza per ricordare Shimon Peres

Italia

di Nathan Greppi

peres
Mercoledì 22 febbraio si è tenuta, al municipio di Milano, una conferenza organizzata dall’AMATA (Amici del Museo d’Arte di Tel Aviv) e coordinata da Ruggero Gabbai per ricordare la grande figura di Shimon Peres, scomparso il 28 settembre 2016.

Il primo a prendere la parola è stato il gallerista e vice-presidente di AMATA Jean Blanchaert, che dopo aver dato il benvenuto a tutti i presenti ha elencato tutti coloro che, dal 2001 ad oggi, sono stati nominati “uomo dell’anno” da AMATA (anche nomi importanti tra cui Umberto Eco e Amos Oz), affermando che Peres avrebbe dovuto essere l’ultimo nominato ma purtroppo è morto prima che ciò accadesse. Dopo di lui, Gabbai ha definito Peres come un idealista e un ottimista, ricordando un incontro con lui in occasione del primo viaggio all’estero che Beppe Sala ha effettuato come sindaco di Milano, recandosi proprio in Israele. A detta di Gabbai, Peres era un idealista e un ottimista, che fino all’ultimo si interessava ai giovani e alle novità.

Dopodiché la parola è passata alla vice-sindaco di Milano Anna Scavuzzo, la quale ha ricordato il rapporto di gemellaggio tra Milano e Tel Aviv, che in molte occasioni si è manifestato attraverso iniziative e scambi culturali. “Peres rappresenta una speranza mai morta, e figure come lui servono più che mai, mentre oggi prevalgono politici superficiali e populisti,” ha dichiarato. Inoltre, ha ricordato come Sala e il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai si siano recentemente incontrati per rafforzare la collaborazione tra le rispettive città.

Dopo di lei è stata la volta di Paola Peduzzi, giornalista de Il Foglio, la quale ha ringraziato AMATA per l’invito a parlare. “Là fuori sembra che il mondo stia crollando e che piovano tutte le certezze; quella di Peres era una leadership visionaria, che preferiva immaginare piuttosto che ricordare – ha detto -. Spesso l’ottimismo è sinonimo di ingenuità, ma per lui voleva dire fiducia, lui era uno che aveva fiducia nel proprio paese.” La Peduzzi ha continuato raccontando che nel libro Start-up Nation, sullo sviluppo di Israele, Peres era la persona in assoluto più citata. “Egli diceva che, così come non si può imporre l’amore, non si può imporre la pace. Lui ha sempre messo in gioco tutto se stesso per Israele. Quando è diventato presidente si è liberato dal peso della politica e voleva puntare sull’innovazione tecnologica, pur ricordando che essa deve essere accompagnata da dei valori, poiché senza valori la tecnologia è pericolosa.”

In seguito ha preso la parola Zvia Walden Peres, che oltre ad essere la figlia di Shimon è una linguista e un’attivista per i diritti delle donne. In riferimento alla nomina da parte di AMATA, lei ha affermato scherzosamente che per lei Peres è stato uomo dell’anno per 70 anni. Ha raccontato inoltre che a volte afferma di essere nata il giorno della nascita di Israele, ma ciò la fa “ringiovanire” di due anni. Ha continuato dicendo che l’ultimo viaggio di Peres all’estero fu proprio in Italia, al Forum Ambrosetti, e ciò la rendeva ancora più emozionata. In seguito ha mostrato due diapositive: una relativamente recente che mostra Peres di fianco a Giorgio Napolitano, e l’altra, più vecchia, dove è assieme a Giulio Andreotti, e in tale occasione ha narrato un fatto poco conosciuto, ossia che molti decenni or sono Andreotti fece molto per aiutare gli ebrei espulsi dalla Libia.

Infine è stato il turno dell’architetto Massimiliano Fuksas, il quale ha raccontato di come Peres gli commissionò la creazione del Centro Peres per la pace, dove bambini ebrei e arabi giocano e imparano a lavorare assieme. La costruzione è avvenuta prevalentemente grazie a finanziamenti di privati americani, e non dallo stato israeliano. Dopodiché Zvia Walden ha mostrato alcune diapositive dell’interno del centro, raccontando come il Centro in passato ha aiutato dei bambini palestinesi malati che non potevano avere le cure necessarie nei territori dapprima portandoli in Italia, anche con l’aiuto di attivisti come Manuela Dviri, e poi formando professionalmente ben 250 medici palestinesi in Israele.

Il tutto si è concluso con i ringraziamenti da parte della signora Peres per tutto il sostegno dato al centro, che Fuksas ha definito “il lavoro di una vita.”