ONG israeliana organizza visite nelle città arabe durante il periodo di Ramadan

Israele

di Davide Foa

visita-ramadanOggi più che mai Israele sente il bisogno di una maggiore coesione interna tra le due grandi anime che abitano il suo territorio. Nonostante siano passati quasi settant’anni dalla nascita dello Stato, la convivenza arabo-ebraica rimane questione pressoché irrisolta o comunque di difficile attuazione, basti pensare all’ambito scolastico: arabi ed ebrei difficilmente frequentano le stesse scuole.

Ecco allora una proposta, che arriva dall’ ONG “Via Maris”: organizzare dei tour per ebrei israeliani nelle città arabe di Israele, durante il mese del Ramadan. Lo scopo è ovviamente quello di far conoscere agli ebrei le usanze e i costumi dei loro concittadini arabi durante quella che è la più famosa quanto solenne festività per l’Islam.

Nazareth, Sahnin, Tira, Taybe e Kfar Kassem, queste sono le cinque mete di quest’anno.

La giornalista Linda Gradstein ha scritto per “The Media Line” un resoconto della visita a Kfar Kassem, raccogliendo le impressioni non solo della dozzina di visitatori ebrei ma anche dei cittadini arabi, ritratti nella loro vita quotidiana, pronti a lasciare qualsiasi faccenda al calar del sole, una volta finito il digiuno diurno del Ramadan.

“Lo scopo di queste visite è creare uno scambio sociale utilizzando il turismo”, ha dichiarato Ilanit Haramati, direttore di “Via Maris”.

I visitatori hanno quindi potuto assaggiare i prodotti tipici messi in vendita al mercato del Ramadan a Kfar Kassem. Dopo aver assaporato i tipici dolci arabi – dai pasticcini intrisi di sciroppo con noccioline o formaggio alle awameh (piccole palline di pasta fritta) – il gruppo si è diretto verso la moschea, dove le donne si sono coperte il capo e tutti sono entrati scalzi. “Benvenuti”, li ha accolti l’Immam Yaqu’b, “come potete vedere non abbiamo quadri appesi ai muri. Preghiamo cinque volte al giorno e digiuniamo durante il Ramadan”.

Joel Rosenfeld, guida del gruppo, ha poi fornito una breve storia della cittadina, divenuta parte dello Stato d’Israele nel 1949. “Viviamo questa strana situazione per cui le persone che un giorno erano considerate nemiche dello Stato, il giorno dopo ne sono diventate parte”, ha commentato Rosenfeld, facendo riferimento all’inserimento della popolazione araba dentro lo Stato d’Israele.

Un episodio in particolare ha segnato la storia di Kfar Kassem; a ricordarlo oggi rimane un monumento. Era il 1956 e la popolazione viveva ancora sotto la legge militare. Alla vigilia della guerra del Sinai, Israele aveva imposto un rigido coprifuoco su tutte le città e villaggi arabi sotto il suo controllo. Kfar Kassem era una di queste, ma molti dei suoi abitanti, in gran parte agricoltori, non avevano ricevuto notizia di tale provvedimento poiché impegnati a lavorare fuori dalla città. Così, di ritorno dai campi in orario serale, quarantotto civili, tra cui diverse donne e bambini, caddero vittime del fuoco israeliano.

Ancora oggi, quell’episodio è ritenuto, all’interno dell’esercito israeliano, l’esempio più eclatante di un ordine illegale che non doveva essere messo in pratica.

Nonostante Kfar Kassem disti appena qualche kilometro dalla cittadina di Rosh Ha’ayin, per gran parte dei visitatori ebrei si trattava della prima occasione in cui entravano nella città araba.

L’ultima ondata di attentati ai danni della popolazione civile israeliana ha aumentato drasticamente la sfiducia nei confronti dei cittadini arabi e conseguentemente sono sempre meno gli ebrei che desiderano visitare luoghi come Kfar Kassem.

Fortunatamente la maggior parte di coloro che hanno visitato il villaggio arabo con “Via Maris”, ha dichiarato, una volta finita la visita, di voler tornare presto a Kfar Kassem. Non resta dunque che sperare nel successo della ONG guidata da Haramati, affinché la conoscenza del “vicino” vinca sulla più facile quanto dannosa volontà di separazione.