Dal 19 gennaio al 19 febbraio va in mostra allo Spazio Tadini l’arte di Tobia Ravà

Appuntamenti

di Ilaria Ester Ramazzotti

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Luoghi, paesaggi, prospettive e filari di alberi composti da numeri, lettere e simboli che, nell’arte come nella vita, si susseguono in stretta interconnessione animando un continuo gioco tra significati e significanti. Un percorso personale e sapienziale che descrive altresì una peculiare visione del mondo. Tutto questo è racchiuso nella serie di opere che Tobia Ravà espone a Milano fino al 19 febbraio allo Spazio Tadini in via Jomelli 24, in una mostra personale che è stata inaugurata oggi alla presenza dell’artista.

Nato a Padova nel 1956, Tobia Ravà lavora a Mirano, in provincia di Venezia, ha frequentato la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia e Urbino, si è laureato in semiologia delle arti all’Università di Bologna, dove è stato allievo di Umberto Eco, ed è uno degli artisti più enigmatici e singolari del panorama artistico contemporaneo. Un artista del paesaggio, ma anche della ricerca mistica e dell’astrazione, che si esprime e si racconta attraverso un linguaggio simbolico e matematico.

“Il mio lavoro trae ispirazione dall’applicazione della ghematrià e dai riferimenti alla Kabbalah – spiega –. Un lavoro di ricerca che dagli studi di Isaac Luria”, rabbino, filosofo e cabalista vissuto a Safed nel Cinquecento, “alla sequenza di Fibonacci”, una successione di numeri interi positivi in cui ciascun numero è la somma dei due precedenti, “mi ha portato anche alla scoperta di una congettura matematica: facendo una riduzione teosofica (riduzione iterativa del risultato della somma delle singole cifre di un numero alla sua radice numerica) ho riscontrato che ogni ventiquattro numeri si presenta la stessa sequenza”.

A proposito dell’uso dei numeri e del linguaggio ‘numerico’ proposto dall’artista, aveva scritto su di lui il matematico Piergiorgio Odifreddi: “Uno dei meriti di Ravà, di certo non il meno importante, è quello di essere riuscito a comunicare questa sostanza utilizzando gli strumenti dell’arte, che si può vedere con i propri occhi, illustrando così la scienza che può essere immaginata solo con la mente”.

“Tobia Ravà ci ricorda che tutto ciò che la scienza può produrre può essere solo immaginato dalla mente – precisa su questo tema Melina Scalise curatrice della mostra insieme a Francesco Tadini -. Un aspetto interessate che conferisce alla struttura del pensiero, agli aspetti cognitivi della visione e della creatività un’importanza basilare non solo per comprendere il lavoro di un artista, ma anche l’invenzione tecnica e scientifica”.

Fra i protagonisti delle sue opere, l’alfabeto ebraico, ricco delle sue ventidue lettere che posseggono al contempo un significato numerico, custodisce il  segreto e diviene una base privilegiata dell’opera di Tobia Ravà, opera che invita e spinge il visitatore verso una riflessione che si fa a sua volta ricerca, introspezione e rappresentazione del mondo.

 

Mostra personale di Tobia Ravà

a cura di Melina Scalise e Francesco Tadini

dal 19 gennaio al 19 febbraio 2017

Casa Museo Spazio Tadini, via Niccolò Jommelli 24, 20131, Milano

Per informazioni: https://spaziotadini.com/

 

 

 

Tobia Ravà (Padova, 1959), lavora a Venezia, ha frequentato la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia ed Urbino. Si è laureato in semiologia delle arti all’Università di Bologna, allievo di Umberto Eco, Renato Barilli, Omar Calabrese, Flavio Caroli. Dipinge dal 1971 ed ha esposto dal 1977 in mostre personali e collettive in Italia, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Spagna, Brasile, Argentina, Giappone e Stati Uniti. È presente in collezioni sia private che pubbliche, in Europa, Stati Uniti, America Latina, e in Estremo Oriente. Nel 1983 è tra i fondatori del gruppo bolognese AlcArte, attivo all’Università di Bologna (DAMS), con l’intento di coniugare il fare arte all’epistemologia. Dal 1988 si occupa di iconografia ebraica e ha svolto con Gadi Luzzatto Voghera e Paolo Navarro Dina un lavoro di ricerca e schedatura nell’ambito dell’epigrafia ebraica nel Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Nel 1993 è il promotore del gruppo Triplani, che, partendo dalla semiologia biplanare di Greimas e Calabrese, prende il nome dall’ipotesi di un terzo livello di lettura simbolica, accanto a quelli del significato e del significante.
Nel 1998 è tra i soci fondatori di Concerto d’Arte Contemporanea, associazione culturale che si propone di riunire artisti con le stesse affinità per riqualificare l’uomo ponendolo in sintonia con l’ambiente e rendere l’arte contemporanea conscia dei suoi rapporti con la storia e la storia dell’arte, anche interagendo espositivamente con parchi, ville, edifici storici e piazze di città d’arte. Dal 1999 ha avviato un ciclo di conferenze, invitato da università e istituti superiori d’arte, sulla sua attività nel contesto della cultura ebraica, della logica matematica e dell’arte contemporanea.