Migranti: per favore non usiamo le parole genocidio e Shoah

Opinioni

di Vittorio Robiati Bendaud

A proposito delle esternazioni di Beppe Grillo, Marco Pannella e Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara…

tunisia-rifugiati

Alcuni politici italiani assieme a taluni opinionisti assurti ad intellettuali stanno veicolando un indebito accostamento tra la Shoah e le attuali ondate immigratorie.

È accaduto in questi giorni e la cosa lascia a dir poco sbigottiti. Sarà stato anche in buona fede, ma le esternazioni di Beppe Grillo, Marco Pannella e del Sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, ciascuno in sede separata e singolarmente, la nonchalance, la leggerezza e la genericità con cui usano i termini “genocidio e Shoah” per parlare del dramma dei migranti, suona non solo improprio ma gravemente confusivo e fuorviante. Quello che si consuma sui barconi è una terribile tragedia epocale, non un genocidio né tanto meno una Shoah, entrambi questi ultimi caratterizzati da un’architettura di morte, da decisioni prese a tavolino e da un razionale disegno di eliminazione  condiviso dalle gerarchie politiche e militari.
Paragonare la Shoah al dramma dei migranti, cui deve andare la nostra solidarietà, combattendo l’indifferenza, è quindi erroneo e pernicioso.
Storicamente, l’unico genocidio che riporta alcune caratteristiche proprie della Shoah è il Genocidio Armeno, fonte di imbarazzo per i governi occidentali per via dei legami economico-strategici con la Turchia e del coinvolgimento dell’Islām, dato che -almeno in parte- si trattò di un jihad.
Vi è poi il “protogenocidio”, quello del popolo Herero, perpetrato a inizio ‘900, nel quale la Germania ebbe parte attiva ed essenziale, come negli altri due.
Sospinti dall’emozione, dalla drammaticità degli eventi e da giuste istanze etiche, il sindaco di Ferrara, Pannella e Grillo compiono in buona fede delle imprecisioni. In relazione ai migranti, l’auspicio è che, all’emotività dell’urgenza umanitaria, quanto prima subentrino pensieri e azioni politici, informati e sorretti da principi concreti e condivisibili di sostenibilità ed equità.
Per quanto concerne gli ebrei, noi non siamo una categoria ermeneutica per definire gli sventurati e i perseguitati di ieri o di oggi. Come neppure lo sono gli armeni. Si tratta di ebrei e di armeni, di storia ebraica e di storia armena. I migranti sono arabi, africani, mediorientali. Tali persone, al pari di ebrei e di armeni, meritano di essere chiamate e conosciute per ciò che sono, con le loro storie e i loro drammi, e non incasellate in inapplicabili –ed erronee- categorie.
Secondariamente, chi conosce un po’ la storia britannica, svizzera o nordamericana, sa bene che, a differenza di quanto accade oggi in Europa con i migranti, per gli ebrei le porte furono spesso sbarrate, con quote immigratorie e severi “no”. Seppur senza lo spettro del nazismo, un trattamento simile è valso nel secolo scorso per milioni di italiani, cristiani come i Paesi ospitanti, forza-lavoro necessaria, spesso umiliata e vilipesa. Ad altri italiani migranti, in Italia, è toccata una sorte amara, detestabile e dolorosa: gli esuli fiumani e dalmati.
Gli ebrei poi, rispetto all’identità italiana ed europea, non sono “corpi estranei”, ma radice fondante, che in Italia ha ampiamente concorso –e tuttora concorre- all’edificazione della Nazione. Basti soltanto leggere i nomi dei senatori (Isacco Artom solo per citarne uno) e dei deputati ebrei, animatori del Risorgimento, che sedevano nei banchi del Parlamento del Regno di Italia, alcuni pianti da Alessandro Manzoni. Questo rende ancor più amari, alienanti e devastanti l’antisemitismo e la Shoah. Inoltre, gli ebrei scientificamente annientati, uccisi e arsi ad Auschwitz –e in Italia a San Sabba- non furono solo ebrei “bianchi”, come sostenuto da alcuni, ma anche ebrei dai tratti mediterranei (rodioti e corfioti), come pure libici dai tratti mediorientali e altri ancora.
Infine, nei Paesi arabi, purtroppo infiammati da Isis, Al Qaeda, Fratelli Musulmani, Hamas e altre amenità legate all’Islām politico e alla sua predicazione pervasiva (in taluni casi pluridecennale), i nazisti, spesso di intesa con le locali rappresentanze civili e religiose, organizzarono una rete abbastanza nutrita di campi di concentramento per gli ebrei, come pure, in Bosnia, un plotone di SS islamiche. Attenzione a chiamare genericamente “ebrei” coloro i quali provengono da questi Paesi, che per lo più hanno rimosso, dimenticato –o semplicemente ignorano- tutto ciò, senza ripensamento alcuno di questa loro storia –misconosciuta anche da troppi occidentali-, i cui ebrei perseguitati sono dovuti fuggire, sì che queste terre oggi sono judenrein, “ripulite” dalla millenaria presenza ebraica.
Si impongono infine due domande. Perché nessuno, da oltre un anno, ha pensato di accogliere –o di sollecitare l’accoglienza- i 100.000 cristiani caldei, sospesi tra morte e conversione forzata, verso cui persistono drammatici silenzi? Secondariamente, perché mai, su queste questioni, uno sparuto manipolo di voci di una minoranza chiassosa per nulla rappresentativa della maggioranza degli ebrei italiani continua a tacitare, spesso in maniera inusitata ed ideologica, la maggioranza silenziosa degli iscritti alle nostre Comunità? Sarà il caso di pensarci.