L’Unesco dice no ai poster pro-palestinesi che incitano alla violenza

Israele

di Roberto Zadik

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Poster del 1984

A causa del crescente  antisemitismo in Europa, perfino i vertici dell’UNESCO  prendono contromisure, vietando una vasta collezione di poster che hanno come tema la Palestina e la cosiddetta “questione palestinese”. Motivo? Istigazione all’odio e al pregiudizio verso gli ebrei.

La  notizia, apparsa sul sito israeliano “Times of Israel” riporta che, Irina Bokova, direttore generale della prestigiosa organizzazione internazionale ha impedito che la serie di manifesti “Liberation Graphic Collection of Palestine”  venisse iscritta nel registro delle opere di valore internazionale da lasciare in eredità al mondo. Inizialmente i poster erano stati accolti favorevolmente da alcuni membri dell’Unesco, ma poi è arrivato il blocco da parte della Bokova che li ha definiti “totalmente inaccettabili e assolutamente contrari ai principi dell’Unesco che si occupa di educazione, scienza e cultura”.

Un giudizio severo e inaspettato da parte della Bokova che, in passato, era stata accusata di essere filoaraba. Contrariamente a quanto si pensava ,invece,  ha agito diversamente. Recentemente la Bokova ha rilasciato varie dichiarazioni pubbliche e interventi che sono stati definiti, decisamente “filosemiti”.  A questo proposito, i leader ebrei, si sono ancora una volta congratulati con lei per essersi opposta all’approvazione o alla diffusione di quei manifesti propalestinesi. A cominciare da Singer, Amministratore delegato del Congresso mondiale ebraico (World Jewish Congress) che ne ha elogiato “il coraggio e l’onesta dimostrato nel risolvere tempestivamente il problema”. In una lettera del 12 gennaio scorso Singer ha inoltre ringraziato la Bokova per “ la sua sincera e appassionata opposizione a qualsiasi forma di odio antisemita e di negazione dell’Olocausto”.

Ma di cosa trattano i manifesti vietati dall’Unesco?  I poster in questione sono parte della vasta collezione “Progetto Archivi Poster della Palestina” che comprende oltre 10mila immagini digitali o cartacee realizzate  da quasi duemila artisti. Più precisamente 1900 creativi di tutto il mondo, provenienti da 72 Paesi diversi, si sono impegnati nell’iniziativa e hanno creato raffigurazioni, disegni e slogan che includono tutti la parola “Palestina” ma anche alcuni temi dei primi movimenti Sionisti. Insomma un progetto molto vasto che era stato nominato per l’inclusione nel programma Memoria Mondiale.

palestina3Ma  non finisce qui. In attesa di un riconoscimento da parte dell’Unesco c’erano altri 1700 poster creati da artisti palestinesi e internazionali “in nome della  solidarietà alla causa palestinese e all’autodeterminazione della Palestina” secondo quanto rivela un documento presente sul sito dell’Unesco. Il testo prosegue sottolineando che la collezione “Liberation Graphics” è una risposta all’invasione della Palestina, alla guerra  ed è una dimostrazione di resistenza durante la seconda metà del Novecento e un qualcosa di unico nel suo genere riguardo all’eredità culturale palestinese”.

Molte delle immagini, a dispetto di chi intende considerarle pacifiche e  prive di aggressività, presentano invece contenuti molto violenti. Ad esempio un poster creato nella metà degli anni ’80 da Emile Menhem in Libano, mostra i colori della bandiera palestinese che vengono fuori da una arma da guerra. Nel 1982 un altro artista, Abu Man, ha creato un poster nero che nella parte più bassa raffigurava dei corpi sanguinanti sovrastati da una Stella gialla di Davide e la scritta “Sabra e Shatila, il Massacro”. Un altro lavoro del 1977 realizzato da Kamal Kaabar mostra un pugno che distrugge una Stella di Davide blu e la frase che recita “Fatah-12 anni di lotta per una Palestina libera”.

Questi sono alcuni fra i manifesti bloccati dalla Bokova perché sebbene la libertà e la pace siano tematiche universali, molti di questi poster raffigurano armi, granate, inneggiano alla lotta armata e al terrorismo. Alcune di queste immagini celebrano il martirio e gli attentati suicidi e altre azioni sanguinarie contro civili israeliani, incluso il massacro del 1978, noto per essere stato come il più cruento atto terroristico avvenuto nello Stato d’Israele.

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Poster intitolato ‘lo spettro di Chatila’

Ad agosto, questa discutibile collezione era stata accettata con provvedimento formale dal Registro Mondiale per la Memoria dell’Unesco per “il suo grande significato per il mondo e il suo valore universale.” Dopo questa disposizione, la Bokova,  prima di intervenire era rimasta molto sorpresa che nessuno si fosse opposto a questi manifesti che invece lei ha definito “in alcuni casi molto offensivi”.  Lei, che attualmente è Direttore Generale dell’Unesco non si è limitata a questo commento ma ha scritto fra fine dicembre e metà gennaio a diversi membri della sua organizzazione. Rivolgendosi a Elias Sambar, ambasciatore palestinese dell’Unesco, la Bokova ha  sottolineato che questo progetto potrebbe incoraggiare “odio e antisemitismo”. “Questo tipo di arte” ha specificato la Bokova, “non è stata ancora legittimata in Occidente” ha detto e per questo sarebbe molto pericoloso approvarne la diffusione.