L’esercito israeliano si difende dall’arma dei social network

Israele

di Davide Foa

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La soldatessa Eden Abergi in una foto in compagnia di alcuni prigionieri palestinesi, bendati e legati

Che ci piaccia o no, siamo nell’era dei social network. Un’era che non lascia scampo, imponendo determinati dettami comportamentali. Uno su tutti, la condivisione. Chi più e chi meno, sentiamo la necessità di far sapere agli altri cosa stiamo facendo e dove; ordinaria quotidianità o eventi straordinari, l’importante è che gli altri sappiano. A questo richiamo non hanno saputo resistere primi ministri, calciatori e addirittura il Papa.

Il problema sorge nel momento in cui, condividendo un pensiero, una foto o un video, rendiamo pubblico del materiale che pubblico non dovrebbe essere. Questo è quanto accaduto e accade all’interno dell’IDF, le forze di difesa israeliane. Molti giovani soldati israeliani non sanno infatti resistere alla tentazione di condividere con il mondo intero momenti della loro esperienza militare, nonostante questa debba in molti casi rimanere riservata agli ambienti interni per evidenti questioni di sicurezza.

Utilizzando due ingredienti, divisa e fucile, i militari riescono a trasformare foto di per sé banali, ottenendo così l’attenzione del pubblico social.

C’è chi però si è spinto oltre. Per esempio, la soldatessa Eden Abergil, come riporta un articolo di Ynet News, ha pensato bene di pubblicare su Facebook una sua foto in compagnia di alcuni prigionieri palestinesi. Questi però non sembrano, almeno a prima vista, sorridenti come Eden, anche perché sono bendati e legati.

Se poi al tutto aggiungiamo la frase scelta dalla soldatessa per accompagnare la fotografia, la situazione diventa ancora più grave: “Il periodo più bello di tutta la mia vita”.

Per fermare un uso tanto spropositato e fuori luogo di queste armi a doppio taglio, anche dette social network, si è reso quindi necessario l’intervento dei comandi alti. Il Brigadier Generale Avner Paz-Tzuk ha prodotto un documento in cui si specifica chiaramente cosa può e cosa non può essere fatto.  I soldati infatti “possono usare i social networks, comprese le pubblicazioni di foto in uniforme”, ma devono fare attenzione a cosa rendono pubblico. Stando a quanto scritto nel documento, non possono essere condivise informazioni riservate, quindi niente foto alle basi militari, ai numeri della divisione, all’attrezzatura e a segreti spostamenti di truppe. Inoltre, ciò che viene condiviso sui social network deve, secondo il documento, rispettare la dignità umana delle altre persone, siano essi soldati o prigionieri.

Provvedimenti punitivi sono pronti per chi dovesse sgarrare. Ne sanno qualcosa i cinque paracadutisti costretti a rimanere ventun giorni in base per aver diffuso un video in cui ballavano, completi di uniformi e armi, sul ritmo della canzone “Golden boy”.