La prova del cuoco: «Vi racconto il mio menù kasher ideale»

di Naomi Stern

Dal Gefilte Fish di Vissani alle creme di legumi di Leemann. Fantasie vegane e foodtherapy. E poi le creazioni di Davide Oldani, i ricordi di gualtiero Marchesi, passando per il giovane Chicco Cerea. La parola ai maestri, i grandi chef

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(English text at the bottom)

C’è chi si è cimentato nella preparazione del leggendario piatto askenazita gefilte fish, o in quello sefardita dell’hummus (purè di ceci e sesamo); c’è invece chi ha in mente un intero menu kasher a base di verdure e frutta; e ancora, chi opta per il menù bassarì, di carne o per quello halavì, di latte, (in virtù della separazione ebraica fra carne e latticini). In occasione di Expo 2015, alcuni dei più grandi chef italiani ci hanno raccontato la loro esperienza con la cucina ebraica e israeliana, e la loro personale opinione di chef stellati sulle regole della kashrut. Ecco le interviste a Gianfranco Vissani, Pietro Leeman, Chicco Cerea, Gualtiero Marchesi e Davide Oldani. Quest’ultimo, in autunno, è protagonista, di un mega evento organizzato dalla Comunità ebraica di Milano (e Expo in città), dedicato alla cucina ebraica di alta qualità, aperto a tutti. Insieme a lui ci sono altre due star, gli chef Franco Luise (Waldorf Astoria di Gerusalemme), e Heinz Beck (Ristorante La Pergola di Roma)
Gianfranco Vissani
Ristorante Casa Vissani, Terni
image«Ho sempre attinto numerosi spunti dalla cucina ebraica, e ritengo siano tanti i piatti – alcuni tra i più apprezzati della cucina tradizionale italiana -, che hanno una derivazione ebraica, soprattutto quelli romaneschi. Non sono ancora andato in Israele, ma penso che ci sia una tradizione culinaria molto interessante e dal forte potenziale. La mia esperienza con la cucina ebraica? Proprio in occasione di Pesach, l’ultima Pasqua, ho voluto proporre nel mio ristorante, per una piccola cerchia di amici, un menù ideato in base alle regole e alle usanze del Seder (la cena pasquale ebraica). Per la sera di Pesach ho cucinato le uova con le cipolline e il grasso d’oca, i fegatini e le celebri matzo-balls, palline di matza in brodo. Ho preparato un risotto con la farina di datteri, broccoletti e cicoria, unendo così la tradizione nord africana dei datteri con i broccoli romani. Ho poi proposto il capretto e una torta al cioccolato senza farina, burro o latte. Solo con l’olio d’oliva.
Ma il piatto che ho deciso di preparare seguendo in toto la tradizione ebraica è stato il gefilte fish, un piatto che è un simbolo della tradizione ebraica mondiale. Il gefilte fish è un piatto strano, metà dell’umanità non  lo mangia e l’altra metà lo detesta. Seguendo l’input della mia compagna, ho deciso di provare a cimentarmi in questa sfida, anche se devo ammettere che c’è voluto un grande coraggio. Unire un pesce di lago (la carpa) allo zucchero è certamente più che un azzardo! Mi sono impegnato soprattutto a reinterpretare la presentazione del piatto, conferendogli un’impronta da grande ristorante stellato. Il gefilte fish richiede una preparazione molto laboriosa, che dura più di un giorno. Come prima cosa mi sono procurato il luccio e la carpa, facendo un brodo con la testa, la coda e tutte le ossa del pesce. Ho poi fatto un polpettone, l’ho cotto e ho seguito alla lettera la ricetta tradizionale. Infine, ho preparato una salsa con rafano e barbabietola, un kren più liquido rispetto a quelli tradizionali. È sorprendente cucinare il gefilte fish: gli ebrei dell’Europa dell’Est ci mettevano un giorno a farlo, e pure io. Le tempistiche tradizionali non si possono cambiare se si vuole mantenere l’autenticità del piatto. Qual è l’ingrediente simbolo dell’Expo? Tutti i prodotti italiani potrebbero essere presi come cifra dell’Expo, ma credo che si debba porre l’attenzione principalmente sull’olio. Quest’anno, la malattia che ha colpito gli ulivi distruggendo buona parte dei raccolti, ha innescato un acceso dibattito sulla possibilità di curare gli ulivi anziché abbatterli. Penso che lo spirito dell’Expo sia proprio quello di approfondire sotto più punti di vista le tematiche legate al cibo, alla coltivazione e, dunque, anche la sua tutela».

Pietro Leemann
Ristorante Joia, vegano
(1 stella Michelin), Milano
s_98«La mia cucina ha, come filo conduttore, la vicinanza alla natura: tutti i piatti sono pensati per interpretare la natura senza prevaricarla. Ci impegniamo a seguire la stagionalità, e tutti gli ingredienti, rigorosamente biologici, provengono da agricoltori vicino a Milano. Abbiamo inoltre appena ultimato un nostro orto. Al Joia ci sono dei menù che contengono latticini e altri che invece ne sono privi. Nel caso in cui io debba utilizzare formaggi, sono tutti con caglio vegetale, quindi kasher al 100%. Dunque, chi si avvicina al Joia può scegliere tra un menù senza latticini e vegano, oppure menù formaggi a caglio vegetale prodotti da allevamenti amici e di fiducia. Se dovessi proporre un menù ideale kasher, inizierei con il mio antipasto “Appunti di Viaggio”, composto da una spuma di parmigiano (caglio vegetale), con all’interno degli asparagi e del tartufo e servito con aceto balsamico invecchiato 25 anni. Questo piatto è completato da un’agrodolce di lamponi, di frutto della passione e di mele che, accanto al balsamico, creano giochi di gusto particolari. Interpreto questo piatto come una serie di viaggi in cui l’ospite immerge il cucchiaino in una spuma soffice e ogni volta varia il gusto attraverso il percorso prescelto. Proporrei poi la zuppa “Fratello Sole”: un gazpacho di verdure crude, decorato con verdure marinate e fragole. Si tratta di un piatto colorato, molto brillante, un po’ piccante, in cui la zuppa è stesa a specchio sul piatto per far risaltare gli elementi rossi e molto vitali dell’insieme. Il primo piatto, a base di formaggio, si chiama “Serendipity nel giardino dei sogni”: sono degli gnocchi di patate colorati con colori molto brillanti, farciti di formaggio. Il formaggio all’interno rimane morbido, come una fonduta, mentre la salsa sotto, sarà di fiori e zafferano. Come secondo piatto propongo una “Maggese”, un piatto in cui vengono cotte delle verdure di stagione, asparagi bianchi, fagiolini e taccole, cotte a diverse temperature. Sono servite con un tortino di ceci e con un contrasto fatto da una salsa di miso, una pasta molto vitale utilizzata nella cucina giapponese. A completare il piatto ci saranno delle cialdecroccanti di lenticchie. Come dessert propongo “Cinque Minuti”, un piatto legato al tempo che scorre. Il piatto viene presentato insieme a una clessidra che scorre per cinque minuti. La clessidra viene girata davanti al cliente che, mentre mangia il piatto, vede il tempo scorrere. Il piatto è una variazione di cioccolati diversi. La multisensorialità è alla base della mia cucina: amo creare dei piatti che stimolano i sensi, belli, buoni, che stimolano l’olfatto e giocano con il suono e con la consistenza. E se penso alla cucina ebraica, la ricchezza degli stimoli sensoriali certo non manca!
Per quanto riguarda la cucina israeliana, trovo interessantissimo preparare i falafel con legumi differenti rispetto ai tradizionali ceci o fave. Io, per esempio, li preparo con le lenticchie rosse o con i fagioli cannellini. In questo modo prendo ingredienti diversi già come punto di partenza. La stessa cosa vale per i condimenti: al posto dell’usatissimo sesamo, è interessante utilizzare delle altre creme di frutta secca, come la nocciola, che è molto italiana, le mandorle o l’anacardo. Quello che credo potrebbe essere interessante nello street food israeliano sarebbe incominciare a interpretare il cibo crudo e gli alimenti freschi creando frullati di verdure, dei gazpacho con spezie israeliane o dei sorbetti di verdure. Questo perché nella cucina tradizionale israeliana, come in quella italiana, si tende a cuocere molto e a dimenticare che il crudo è importante. Questa potrebbe essere una bella innovazione! Il mio ingrediente preferito che proviene da Israele? Mi piacciono molto il melograno e i datteri. Utilizzo lo sciroppo di datteri in pasticceria, al posto dello zucchero perché è più sano, e anche all’interno di diverse preparazioni. Mentre uso il melograno nella preparazione di un sorbetto, o in piatti salati per creare un contrasto di freschezza.
Venendo all’Expo, sono convinto che sarà un’occasione multiculturale, di amicizia e confronto tra i vari Paesi. Per questo, come ingrediente clou ho scelto il grano saraceno, molto contemporaneo e trasversale – viene coltivato dal Giappone, alla Russia, ai Paesi dell’Est, al Sudafrica, all’Italia – proprio per il suo carattere di alimento-ponte tra culture diverse».

Davide Oldani
Ristorante D’O (1 stella Michelin),
Cornaredo (MI)
davide-oldani_650x447«Il miglior menù kasher che riesco a immaginare si presenta come un menù “equilibrato”, cioè senza ripetizioni tra i vari ingredienti di stagione, in modo da dare armonia al menù stesso. Secondo la mia visione, un menù armonico non prevede nulla che non sia in linea con le regole alimentari ebraiche (niente crostacei quindi, e niente carne rossa insieme ai latticini). Considero questi concetti come un’ulteriore opportunità per ottenere una cucina iper moderna, che si sviluppa però sul binario della tradizione. Io guardo alla salute, e, in quest’ottica, non metto insieme determinati alimenti. Se voglio mangiare il latticino posso mangiarlo con un carboidrato: una pasta o un riso, ma anche con un legume o un pesce. Ma nella mia cucina non mischio due alimenti importanti come latticino e carne rossa. Questa, oltre ad essere una delle principali regole della kasherut ebraica, è anche quella che io chiamo armonia del piatto e della mia cucina. E anche se sono di un’altra religione, se una delle regole della kashrut è proprio questa, io ne sono felice! Del resto, tutta la mia cucina Pop si basa sui prodotti di stagione e sui tempi della natura, sul tipo di terreno di coltura, più o meno soleggiato o umido, ad esempio: essendo composto da verdure, il mio menù è kasher per forza. Se invece voglio usare una proteina animale, che sia una carne o un derivato, lo faccio slegandola dai latticini. Vi sono però diverse verdure e legumi che rimpiazzano la proteina animale, e che vanno benissimo per coniugare il mio Pop con il kasher».

Chicco (Enrico) Cerea
Ristorante Da Vittorio
(3 Stelle Michelin), Brusaporto (BG)
chicco-cerea_oggetto_editoriale_720x600«Ho avuto la fortuna di cucinare più volte per diversi matrimoni o eventi kasher e devo dire che all’inizio ero un po’ imbarazzato, mi sentivo imbrigliato. Poi, invece, dopo aver studiato a fondo le regole alimentari, ho capito che avrei potuto comunque realizzare dei menù fantastici: basta un po’ di fantasia per fare davvero belle cose. Grazie a queste esperienze, mi sono accorto che alcune regole della cucina kasher andrebbero applicate anche alla nostra cucina. Per esempio, mi ha colpito molto l’aspetto delle uova gallate: effettivamente, se poi utilizzate in piatti – ad esempio in ricette come il Tiramisù – dove le uova sono ancora crude, è importantissimo che siano perfettamente sane. Anche il fatto di mangiare pesce e carne in contemporanea, un pochino stona. Per questo, quando faccio i menù per il mio ristorante, scelgo sempre un mix che sia o di pesce oppure di carne; ad esempio, il menù di terra contiene funghi, tartufi e ovviamente carne. Non abbinare determinati prodotti viene spontaneo, anche perché, mangiando, si percepisce immediatamente che pesce e carne insieme non stanno bene dal punto di vista del palato. Per quanto riguarda l’aspetto della digestione, l’abbinamento tra la carne e il latte è un vero disastro. Mettere insieme l’aspetto sano del cibo con il Buono e con l’aspetto emozionale, è il futuro della cucina e della ristorazione di alta qualità. Senza contare che tra poco, noi chef, dovremo tener conto della foodtherapy, nutrimenti come medicinali, ossia curare con gli alimenti certe patologie, e collaborare con i medici affinché il cibo diventi fonte di cura e guarigione. Si arriverà a un punto in cui mangiar bene sarà sinonimo di star bene, in salute.
La cucina israeliana? Molrto interessante. Fino a poco tempo fa i vini israeliani kasher erano difficili da proporre. Oggi, invece, ce ne sono di strepitosi, all’altezza di vini francesi e italiani. Sotto questo punto di vista, Israele ha fatto passi da gigante».

Gualtiero Marchesi (Il pioniere, il maestro degli chef. Il suo ristorante è a Milano, accanto al Teatro alla Scala)
gualtiero-marchesi-ricette«Non ho mai avuto esperienze di cucina kasher. Ricordo però con piacere la cena di Gala per i tremila anni di Gerusalemme, nel 1998. Intanto, per il fatto di essere seduto a tavola con i cuochi più importanti del mondo; e poi, la città, le stradine, il Muro del Pianto, il Sepolcro. Meraviglioso! Il fatto che l’Expo 2015 sia dedicata al cibo è certo importante. Starei però attento a calcare troppo la mano sull’eden contadino. Primo, perché c’è ben poco di idilliaco, e poi perché un certo primitivismo non porta da nessuna parte. Il legame fra street food e alta cucina? Qualche anno fa, ho ideato due panini per McDonald’s, trovando più di un nesso con la cultura culinaria italiana e introducendo nel panino delle verdure. Quindi, credo che la cucina con la C maiuscola possa davvero orientare nel senso della qualità la “cucina di strada”. Mi sembra comunque naturale che l’offerta di street food aumenti con la globalizzazione, con un certo meticciato del gusto. Per quanto riguarda l’alta cucina, non c’è contaminazione possibile. Per me resta legata a un cuoco-artista».

INDIRIZZI (nessuno di questi ristoranti ha certificazioni di kashrut, No Teudat Kashrut).
Casa Vissani
Baschi (Terni), 0744 950206
Da Vittorio
via Cantalupa 17, Brusaporto (BG)
Tel. 035 681024,www.davittorio.com
D’O
via Magenta 18,
San Pietro all’Olmo, Cornaredo (MI)
Tel. 02 936 2209, www.cucinapop.do
Il Marchesino
Via Filodrammatici, 2 – angolo Piazza della Scala, 20121 Milano
Tel 02 72094338, www.marchesi.it/ristorante-marchesino.html
Joia
via Panfilo Castaldi, 18,
20124 Milano Tel.02 2952 2124
www.joia.it

 

 

Chef: “MY KOSHER MENU”

There are those who tried to prepare some traditional Jewish recipes with all their passion. Like the Gefilte fish and those who already programmed the hole kosher menu composed only with fruit and vegetables and the last group that based their menu on the separation between meat and dairy products, according to Jewish law. For Expo 2015, some of the most famous Italian chefs have told us of their personal experience with Jewish and Israeli cooking and they gave their feed back about the kasherut rules. Here are interviews with Gianfranco Vissani, Davide Oldani, Pietro Leemann, Chicco Cerea and Gualtiero Marchesi.

 

Gianfranco Vissani
Restaurant, Casa Vissani, Terni

«Even though I have never been in Israel, I think that Jewish traditional cooking is extremely interesting. There is a dish that I chose to prepare, following the recipe exactly: the Gefilte fish. Much of the world has never tasted it and the other part hate it. For the last Passover, I wanted to prepare a menu respecting the laws and traditions of the holiday without using any wheat or yeast».

Pietro Leemann
Restaurant Joia, 1 Michelin star, Milan

«My dishes are created respecting nature: so I use the bio-ingredients and the vegetal rennet. It’s easy to find many recipes for a completely kosher menu. I’d like to modify Israeli cooking: for example, I would like to use different vegetables instead of chickpeas for falafel. Expo will be a challenging opportunity: for this reason I have chosen buckwheat , that is planted worldwide and symbolizes the union between different cultures».

Davide Oldani
Ristorante D’O (1 Michelin star), Cornaredo (MI)

«If I want to eat a dairy product I could combine it with pasta, rice or fish, or vegetables, but in my kitchen I never mix dairy with red meat. Beside that, it’s of the main laws of Jewish kashrut and what I call a “harmony dish”. And even if I belong to another religion, I am happy because it’s an important element in kashrut rules».

Chicco (Enrico) Cerea
Ristorante Da Vittorio (3 Stelle Michelin), Brusaporto (BG)

«I have cooked for several different kosher events and thanks to these experiences I noticed that certain kashrut rules can be applied to our daily cooking. For example, we don’t have to eat raw eggs made that day or meat and fish in the same dish; and especially should avoid the combination of meat and milk eaten in the same moment. Israeli cuisine? Until recently Israeli kosher wines were too sweet, while today there are sensational wines, at the same level of French and Italian wines».

 

Gualtiero Marchesi

«I have never really had kosher cooking experiences, but I remember with great pleasure my participation in a dinner competition celebrating 3000 years of Jerusalem in 1998, it was a magical experience. The fact that Expo is dedicated to food is surely very important, but I’d be careful about exaggerating the Eden farmer, first because there is very little idyllic, and a certain primitivism doesn’t lead anywhere»

(traduzione Roberto Zadik)