Israele e le parole straniere: la missione dell’Accademia del linguaggio ebraico

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di Paolo Castellano

academy-of-hebrew-languageLa lingua ebraica non è solo un imponente patrimonio culturale ma anche il cuore di un’identità nazionale. Come ogni patrimonio però va custodito e rafforzato dato che la maggio parte delle lingue sono fragili di fronte all’inquinamento di idiomi più utilizzati e diffusi come l’inglese.

Gli israeliani sono orgogliosi della rinascita dell’antico ebraico, che non è stato più ampiamente utilizzato per almeno due millenni finché il movimento sionista non lo legò alla fondazione dello stato nel 1948.

Ma nonostante la ricchezza del linguaggio, questa nazione iper-tecnologica può riscontrare anche una mancanza di termini contemporanei. Come riporta il New York Times di recente, la venerata Accademia del linguaggio ebraico ha sempre lavorato per aggiornare un vocabolario  scritto su pergamena per l’era digitale.

Tra le ultime decisioni dell’accademia, annunciate questo mese su Twitter, ci sono le parole ebraiche per “vergogna” (“biyush” un sostantivo derivato da un verbo esistente), hashtag (“tag hakbatza”, letteralmente “gruppo etichetta”) e big data (“netunei atek”).

Il ministro della sanità recentemente si è fatto  alcuni nemici nell’industria dei fast-food quando ha definito con la parola “McDonald’s” il cibo spazzatura. L’accademia ha offerto un’alternativa: “zlolet” – una combinazione tra “zlila” ovvero ingordigia, e “zol” che significa economico.

Gli esperti inoltre hanno dato spazio alle osservazioni dei cittadini attraverso un pubblico appello per scovare una nuova parola con l’intento di sostituire “peripheria” dal termine inglese periphery, usato in riferimento ad un’area geografica o ad un gruppo socioeconomico che – l’accademia sostiene – “non è centrale, o è distante dal centro”. In generale nella parlata israeliana “peripheria” è spesso sinonimo di trascuratezza governativa.

Alle persone è stato chiesto un voto online per approvare o respingere i suggerimenti dell’accademia: “shula” proviene dalla parola che significa margine. Ma gli israeliani hanno platealmente disapprovato il suggerimento, facendo notare che il termine ha la stessa connotazione negativa, e hanno suggerito delle alternative. E’ stata apprezzata invece la parola “heikef” che denota la circonferenza o un ambito.

Anche per i cultori della lingua, la corretta grammatica e la pronuncia possono essere materia di discussione dato che gran parte delle parole ebraiche sono scritte senza “nikkud” (segni diacritici per rappresentare le vocali).

L’accademia sostiene di aver ricevuto più di 1,300 richieste in un mese da persone che lavorano nel governo, nell’esercito e nell’ambito legale, e da insegnanti, traduttori, poeti e bambini. Alcuni sperano di vincere una scommessa sul corretto uso delle parole. Altri cercano invece i termini corretti per le felici occasioni o, al contrario, per inscrizioni funebri.

Nel 1890 Eliezer Ben Yehuda aveva fondato il “Comitato della lingua ebraica” e ne fu il primo presidente. Questo comitato fu tramutato nel 1953 per volontà del governo israeliano nell’attuale Accademia che rappresenta l’istituzione più importante per lo studio e l’aggiornamento della lingua ebraica.