Israele e Turchia si riavvicinano grazie al petrolio

Israele

di Davide Foa

netanyahu-erdoganDopo anni di gelo, è ufficialmente tornato un clima mite nei rapporti tra Israele e Turchia.

Si riparte dunque dalle due conferenze stampa di lunedì 27 giugno, una organizzata a Roma da Netanyahu e l’altra ad Ankara da Erdogan. I due leader hanno ufficializzato una riconciliazione attesa da sei anni, da quel maggio del 2010, quando la nave turca Mavi Marmara tentò di violare il blocco su Gaza determinando la risposta dell’esercito israeliano che uccise sei attivisti turchi.

La riappacificazione tra Israele e Turchia è stata definita di “importanza strategica” dallo stesso Netanyahu, al fine di “creare isole di stabilità” attorno a Israele.

Stando all’accordo, la Turchia si impegna a prevenire attività militari e terroristiche contro Israele provenienti dal suo territorio. Rimane il fatto che Hamas potrà operare sul suolo turco, ma solo per finalità politiche.

Israele non ha accettato le iniziali richieste turche di rimuovere il blocco su Gaza, ma la Turchia potrà più facilmente intervenire nella Striscia specie per quanto riguarda la creazione di infrastrutture umanitarie come ospedali e centrali elettriche.

Una riappacificazione che è stata, ormai possiamo dirlo, raggiunta grazie a una serie di incontri segreti prima e dichiarazioni ufficiali poi.

Ginevra e Londra sono state le sedi di ripetuti tentativi di riavvicinamento tra Israele e Turchia. Delegati dei due paesi si sono infatti più volte incontrati, segretamente, nelle due città “neutrali” per ricucire l’antica alleanza.

Ma l’episodio più significativo si è verificato a marzo, quando il premier turco Erdogan e il ministro israeliano dell’Energia e delle Infrastrutture, Yuval Steinitz, hanno approfittato di un summit internazionale sulla sicurezza del nucleare, tenutosi a Washington, per intraprendere un colloquio i cui dettagli sono stati rivelati solo poco tempo fa.

Secondo Ynet, quell’incontro è stato “il più alto livello di contatto tra i due paesi”; Israele e Turchia avrebbero infatti affrontato vari argomenti, tra cui guerra in Siria, terrorismo e gas.

Quest’ultimo punto è forse il più importante. Sotto le acque israeliane si nascondono infatti imponenti riserve di gas naturale per il valore di centinaia di miliardi di dollari. Una quantità che, secondo gli esperti, “sfamerebbe” il mondo intero per un anno almeno.

A questo punto, per usufruire di tanta ricchezza, Israele si trova a dover risolvere due questioni non di poco conto. Oltre gli alti costi legati alle trivellazioni, è necessario trovare una via di commercio sicura per far arrivare il petrolio ai consumatori. Israele ha infatti bisogno di un paese vicino, amico, capace di comprare grandi quantità del suo petrolio.

Esclusi i “nemici” Libano e Siria, Cipro e Giordania sarebbero sì dei fedeli clienti, ma la loro domanda, da un punto di vista quantitativo, rimane troppo bassa per le esigenze di vendita israeliane.

Ecco che allora entrano in gioco l’Egitto e soprattutto la Turchia. Se la pista egiziana rimane un’opzione plausibile, quella che porta ad Ankara è già, appunto, in via di costruzione.

“La Turchia ha un gran bisogno di diversificare le sue importazioni e risorse energetiche”, ha dichiarato Steinitz. In questo gioco di alleanze strategiche, Israele può certamente inserirsi tra le crepe che la guerra siriana ha aperto sul fronte russo-turco. La Russia, principale esportatrice di gas per la Turchia, ha drasticamente ridotto i suoi legami con Ankara in seguito alle differenti posizioni tenute nel contesto della guerra siriana.

Rimangono ad ogni modo alcuni nodi da sciogliere, come la necessità di riunire l’isola di Cipro, che dal 1974 è divisa in due: una parte turca a nord e una indipendente a sud.

La mancanza di buoni rapporti tra le due repubbliche cipriote complica non poco la costruzione di un gasdotto che dovrebbe attraversare tutto il paese; Israele vorrebbe infatti trovare un accordo con Cipro, così da sfruttare le grandi riserve di gas presenti nelle acque a sud dell’isola.

Nel frattempo, seguendo la scia delle relazioni ormai restaurate, Erdogan ha messo a disposizione di Israele le risorse dell’intelligence turca per recuperare due soldati e due civili israeliani scomparsi a Gaza e tenuti in ostaggio da Hamas. Netanyahu si è affrettato a rassicurare le famiglie degli ostaggi, alquanto perplesse, ribadendo che la Turchia non controlla Hamas.