Il voto arabo in Israele

di Luciano Assin

Lista unitaria arabaUna delle più grandi novità legate alle prossime elezioni del 17 marzo è sicuramente la costituzione di una lista unica rappresentante tutto l’elettorato arabo israeliano. La lista unificata è il risultato di estenuanti trattative fra le varie anime della variegata società arabo israeliana così differente ma così uguale al resto del Paese. Anche qui esistono diverse ideologie che spaziano dal partito di sinistra Hadash (a favore di una cooperazione arabo israeliana) ai partiti arabo nazionalisti. Attualmente i partiti arabi occupano undici dei 120 seggi della knesset, il parlamento israeliano, ma gli attuali sondaggi pronosticano un aumento di almeno due seggi e forse anche di più. Ancora poco per una minoranza che rappresenta il 20% della popolazione israeliana.
Il principale motivo di tanto fermento politico è dovuto all’attuale ministro degli esteri Avigdor Lieberman, leader di Israel Beytenu, un partito nazionalista di destra, fautore di una legge che ha alzato la soglia di sbarramento al 3.25% con il dichiarato obiettivo di impedire l’entrata in parlamento alle liste arabe. E così, nonostante il prestigioso incarico di capo della diplomazia israeliana il nostro Ivette si e dato tutto da solo la proverbiale zappa sui piedi, risvegliando dal torpore lo stanco e sfiduciato elettore arabo israeliano.
La lista unificata è un vecchio sogno della maggior parte degli arabi israeliani stufi delle magagne e dei battibecchi in auge fra i partiti tradizionali, assolutamente simili se per questo ai corrispettivi partiti ebraici. Le aspettative sono enormi ma la possibilità che la lista unificata si sciolga poco dopo la sua entrata nella Knesset è altamente probabile, una situazione che non farebbe che aumentare il distacco e la frustrazione esistenti.
La critica principale degli arabi israeliani verso i loro rappresentanti è la scarsa attività parlamentare verso la disoccupazione, la mancanza di abitazioni, la violenza dilagante, le infrastrutture municipali e molto altro ancora. Le necessità quotidiane di qualsiasi cittadino insomma. La sensazione è che i parlamentari arabo israeliani si occupino fin troppo di Autonomia Palestinese, territori occupati, Hamas e Hezbollah tralasciando le urgenze di casa loro.
Personalmente non penso che i deputati arabi trascurino a tal punto i propri elettori, la verità è che riuscire a portare avanti delle proposte di legge dai banchi dell’opposizione è molto difficile ed i discorsi a favore dei palestinesi pronunciati durante i dibattiti parlamentari sono molto più fotogenici, più i toni sono pronunciati e provocatori e più aumenta la visibilità pubblica, un fattore basilare per qualsiasi uomo politico.
A guidare la coalizione è il 40enne avvocato Aiman Uda, segretario del partito Hadash dal 2006. Uda sa perfettamente che la lista unificata è la più grande occasione politica in mano agli arabi israeliani degli ultimi decenni. La possibile elezione di 15 e più deputati rappresenterebbe un enorme successo politico trasformando la lista in una formazione politica influente e determinante. Tanto per cominciare potrebbe essere l’indispensabile tassello necessario per formare un blocco elettorale atto ad impedire la costituzione di un governo di destra. Ma la vera sfida è quella con loro stessi. I deputati arabi dovranno decidere come e quando lavorare e trattare con le liste ebraiche anche a costo di essere definiti “collaborazionisti”. Se da un lato quasi tutti i leader arabi si dichiarano concordi nel denunciare discriminazioni nei loro confronti in tutti i campi della vita civile, è vero anche il fatto che qualsiasi possibilità di apertura verso non importa quale governo è di fatto visto come un invalicabile Rubicone.
La percentuale di voto fra gli arabi israeliani è sempre stata più bassa di almeno il 10% rispetto alla media nazionale, motivo che giustifica almeno in parte la discordanza numerica fra il potenziale elettorale e la sua reale consistenza. Le prossime elezioni potrebbero rappresentare un’autentica svolta in questo senso, cosa che mi auguro di tutto cuore, sperando che tutto il fenomeno dei partiti settoriali diminuisca col tempo, ma questa è una mia pia illusione.
E per chi non fosse riuscito a prendere sonno ansioso di sapere la decisione dell’Alta Corte di giustizia israeliana nei confronti di Hanin Zuabi e Baruch Marzel può tornare a dormire tranquillo: entrambi i ricorsi sono stati accolti, la democrazia è salva, almeno fino alle prossime elezioni. La comissione parlamentare della Knesset aveva estromesso la parlamentare arabo-israeliana Hanin Zuabi (nota per sostenere il paragone fra l’esercito israeliano e l’Isis) dalle liste elettorali del 17 marzo. La decisione era passata con 27 voti a favore contro 6 contrari, una stragrande maggioranza che comprendeva anche i rappresentanti del partito laburista. Altro escluso era stato Baruch Marzel, famoso per i suoi precedenti politici a fianco del rabbino Meir Kahana, leader di un partito di estrema destra messo fuori legge per la sua ideologia razzista. Zuhabi e Marzel rappresentano la forza ed i limiti della democrazia israeliana in perenne ricerca del giusto e lecito equilibrio fra il diritto d’espressione e l’abuso dello stesso per stravolgere lo spirito della democrazia sotto la quale esercitano il proprio esercizio parlamentare.
I loro ricorsi sono stati accolti.