Cura e assistenza dal passato al presente, dalla Comunità ebraica alla società intera

di Ilaria Ester Ramazzotti

jewish in the city-AME“Cercate il bene nel paese in cui vivete”, insegna il profeta Geremia. “Che la legge dello Stato sia anche la tua legge”, recita un precetto biblico. Questi due principi hanno fatto sì che la comunità ebraica trovasse integrazione nei Paesi in cui vive ed è vissuta, e su queste linee guida si è sviluppato anche il rapporto fra i medici ebrei, la comunità ebraica e la società più in generale. Così ha detto Giorgio Mortara, presidente di AME, Associazione medica ebraica, introducendo la conferenza sul tema in agenda domenica 29 maggio alla Società Umanitaria a Milano nell’ambito del festival di cultura ebraica Jewish in the City #150.

Il dibattito svoltosi fra i chiostri di via San Barnaba si è incentrato sull’evoluzione e sulla storia dei servizi medici ebraici organizzati a Milano, sul rapporto medico-paziente e sulle iniziative a cura di AME, fra cui la partecipazione al dialogo interreligioso attorno a temi etici e religiosi in relazione alla realtà e alla medicina dei giorni nostri. “Nell’ebraismo e nella Bibbia non esiste il concetto di natura, ma quello di creazione – ha sottolineato Mortara – e l’uomo è considerato un collaboratore del Signore nel mantenimento del creato. Il medico ha l’obbligo di curare il paziente, la cura delle creature è anche un miglioramento del creato” e “la conoscenza del creato serve anche a conoscere e adorare meglio il Creatore”. La medicina, da questa prospettiva, è un ponte e un legame virtuoso che unisce gli ebrei, i medici ebrei, l’ebraismo e la società intera, ha sottolineato Giorgio Mortara, portando quale esempio la figura e le opere del medico, filosofo e studioso medievale Maimonide.

“Come membro di un gruppo religioso minoritario, ho combattuto perché si affermasse il rispetto del diverso nella sua completezza e complessità, rifiutando il concetto di tolleranza della diversità”, ha proseguito a proposito del processo di umanizzazione e di integrazione dei pazienti di altra religione portato avanti negli anni negli ospedali, culminato con l’accordo fra la Regione Lombardia e la Comunità Ebraica che regolamenta la consegna di pasti kasher, l’assistenza religiosa da parte di un rabbino, il sostegno al malato, la disponibilità di locali per riti funebri diversi da quelli cattolici, i corsi sulle differenze culturali dedicati al personale sanitario. Collaborazioni fruttuose sono state instaurate anche con l’ordine dei medici e con associazioni come IPAVSI, con cui si promuovono tavole rotonde e corsi di formazione su etica e deontologia medica, per il rispetto delle diversità e della santità della vita umana.

Un approfondimento sulla storia dell’assistenza sanitaria nella comunità ebraica milanese è stata proposta dal medico Andrea Finzi, passando dalle cure prestate ai bisognosi dalla seconda metà dell’Ottocento,  all’accoglienza a Milano di profughi ebrei nel 1940, al transito di 30 mila sopravvissuti alla Shoah dal 1945 al 1948, alle strutture di assistenza medica sviluppate sul territorio, alcune in collaborazione con il Comune di Milano e con le autorità sanitarie, altre chiuse e ostacolate dalle istituzioni, come durante gli anni del fascismo, o altre ancora andate distrutte, come l’ambulatorio curato da Raffaele Cantoni in zona Porta Venezia colpito dai bombardamenti del 1943. Fra i protagonisti della storia dell’assistenza ebraica c’è Marcello Cantoni, medico per la scuola ebraica di via Eupilli e poi all’ambulatorio ebraico di via Soderini, aperto nel 1962; la sua indimenticata figura è stata ricordata da Olga Ceriani, dei servizi socio-assitenziali della comunità e della scuola ebraica e prima infermiera dell’ambulatorio ebraico diretto da Marcello Cantoni.

Anche Maurizio Turiel, che insieme a Marcello Cantoni è uno dei fondatori di AME e suo attuale vicepresidente, è intervenuto a proposito delle iniziative svolte per la comunità e la scuola ebraica, dove nel 1990 è stato condotto uno studio su 240 ragazzi per valutare il rischio cardiovascolare in età evolutiva. “Le malattie cardiovascolari sono oggi la prima causa di morte (e non i tumori)”, ha detto il medico, annunciando che quest’anno AME organizzerà dei corsi pratici per gli insegnanti proprio sulla rianimazione cardiovascolare” – perché “è inutile avere il defibrillatore se non si sa fare rianimazione” – che può svolgersi con l’uso di un moderno defibrillatore manovrabile anche da chi non è medico.