Addio a Oliver Sacks, il geniale esploratore del cervello

di Roberto Zadik

sacksUn personaggio come non ce ne sono tanti in giro: dopo una vita vissuta con pienezza e una lunga lotta contro il cancro, è morto il 30 agosto Oliver Sacks. Brillante e empatico il medico e neurologo britannico nella sua lunga carriera studiò le malattie del cervello e del sistema nervoso con meticolosità e pubblicò diversi saggi perché amava molto scrivere e diffondere i suoi studi.

Carismatico e tenace, Sacks aveva pubblicato nel 1973  il libro “Risvegli” che era diventato un film di grande successo interpretato da Robin Williams e da Robert De Niro e diretto nel 1990 da Penny Marshall. Nonostante la sua malattia, lo studioso mantenne incrollabile il suo ottimismo e il suo amore per la vita, la passione per la scrittura e per le nuove esperienze e una insaziabile curiosità che negli anni ’70 lo spinse a provare una sostanza allucinogena come l’Lsd e vari tipi di droghe, dalle anfetamine alla cannabis per studiarne gli effetti sul cervello.

Ebreo inglese di famiglia ortodossa e molto numerosa, composta da diciotto figli, come rivelò in una intervista apparsa lo scorso 20 agosto su “Repubblica”, viveva nella comunità londinese di Cricklewood dove “il macellaio, il droghiere, il fruttivendolo, tutti celebravano lo Shabbat e chiudevano i negozi fino a domenica mattina”. Vissuto in un ambiente tradizionalista e figlio di due medici, Sachs, era omosessuale e per lungo tempo lo tenne nascosto ai suoi genitori, anche se dopo il Bar Mitzvà si distaccò sempre di più dalla religiosità sviluppando un crescente interesse verso la scienza e emigrando in America dove come sottolineò nell’intervista “non conoscevo nessuno”.

Dopo la laurea in Medicina nel 1960 scappò dalla rigida Inghilterra ed emigrò a Los Angeles, dopo aver rivelato alla famiglia le sue inclinazioni sessuali, sua madre ne fece un dramma e “mi considerò un abominio”. Poi questo argomento venne abbandonato dai genitori di Sachs ma creò un’insanabile frizione fra loro e il figlio che nel frattempo era in cerca della sua strada e del senso profondo dell’esistenza coltivando la passione per la scienza e per la cultura e cadendo in vari vai come una certa attrazione per gli stupefacenti. Poi cominciarono le soddisfazioni professionali e lo scienziato ebreo londinese, come si dice tornò sulla retta via, trovando lavoro a New York, all’ospedale Mount Carmel per le malattie croniche dove sviluppò da subito un rapporto molto stretto coi pazienti sebbene il suo carattere schivo e solitario lo spingesse a una vita appartata e decisamente poco mondana.

La sua biografia è decisamente ricca di aneddoti e spunti di riflessione. A 22 anni  Sacks andò in Israele e anche se quell’esperienza in kibbutz fu molto positiva decise di tornare negli Stati Uniti perché, come disse nell’intervista su Repubblica “la politica in Medio Oriente mi disturbava e sospettavo che mi sarei sentito fuori luogo in una società profondamente religiosa”. Una personalità contraddittoria, divisa fra spinte spirituali e scienza, che cercò una riconciliazione con la sua famiglia presentandoli il fidanzato Billy che “venne accolto calorosamente, l’atteggiamento degli ortodossi era profondamente cambiato”.

Al centro della ricerca e degli studi di Sacks ci fu dunque il cervello e le sue disfunzioni, dal parkinson alla ecoletargia ed egli ebbe l’intento di operare attivamente nella cura di queste malattie e creò una Fondazione non profit per “migliorare la comprensione della mente umana e lavorare sui casi di lunga degenza.” Pubblicò una serie di testi, fra cui un memoriale sulla propria vita, l’anno scorso, intitolato “On the move” e poi gli venne diagnosticato un cancro metastatico all’occhio destro che, dopo mesi passati fra gli ospedali, ne ha provocato la morte.