L’inesorabile morte della Comunità Ebraica del Cairo

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La sinagoga Shaar Ha Shamaim al Cairo
La sinagoga Shaar Ha Shamaim al Cairo

“Stiamo morendo, stiamo annegando, siamo finiti”. Queste le terribili parole rilasciate da Magda Haroun, capo della Comunità Ebraica del Cairo, alla BBC, per descrivere la tragica situazione di una comunità un tempo molto fiorente – arrivò perfino a essere la seconda più grande al mondo -, ma che oggi conta solo 12 persone.

Secondo quanto riportato dalla BBC, nulla oggi rimane di una delle più grandi e gloriose comunità ebraiche, se non un paio di sinagoghe. “Il mio primo compito è occuparmi degli ebrei rimasti – dichiara Haroun -: le donne anziane che non hanno famiglia e che sono sole. Ma soprattutto, è mio dovere fare sì che tutto questo patrimonio non muoia per sempre”.

Una cruda testimonianza, dunque, della lenta e inesorabile morte di una Comunità che fino agli anni ’50 del ‘900 fu florida, ricca e cosmopolita. Come ben spiegato durante la conferenza “Gli ebrei d’Egitto. Il secondo esodo” durante il Festival Jewish and the City, gli ebrei risedevano nel Paese dal XVI secolo e vivevano bene, integrati nella società egiziana e in armonia con le altre etnie del Paese. Solo con la creazione dello Stato di Israele la situazione inizia a peggiorare, fino a quando, con il colpo di stato di Nasser, gli ebrei sono spinti a emigrare. Se nel 1950 se ne contano ancora 100.000 nel Paese, già nel 1960 il numero è molto più che dimezzato.

Fino ad arrivare ad oggi. E’ inevitabile, dunque, pensare, al destino di molte comunità nel mondo – e in particolare nei paesi arabi – che stanno scomparendo, seppellendo sotto la sabbia del tempo e della memoria secoli di storia e di vita.