Il rapimento dei ragazzi ebrei: che cosa è successo davvero quel 12 giugno

Israele

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Soltanto un giorno prima la manifestazione di preghiere e solidarietà a Tel Aviv aveva riempito piazza Rabin, con decine di migliaia di persone riunite per chiedere la liberazione dei tre ragazzi. E solo qualche giorno prima, a Milano, Manfredi Palmeri e Yoram Ortona avevano chiesto al Comune di Milano di appendere su Palazzo Marino uno striscione “Bring back Our Boys”.

La forza e la speranza di questi appelli, così come dei molti altri arrivati in queste due settimane e delle centinaia di migliaia di fan della pagina Bring Back Our Boys su Facebook (più di 115.000), sono svanite dopo il ritrovamento dei corpi dei tre ragazzi.

Oltre al dolore e alla solidarietà alle famiglie espressi da molte parti del mondo, i media cercano ora di capire cosa successe davvero quel 12 giugno in cui i ragazzi scomparvero. proponiamo qui la ricostruzione dettagliata del quotidiano online Times of Israel.

La dinamica del rapimento
Eyal Yifrach, 19 anni, Naftali Fraenkel, 16, e Gil-ad Shaar, 16, i tre ragazzi israeliani rapiti il 12 giugno scorso e i cui corpi sono stati ritrovati lunedì scorso, avevano capito subito di essere stati rapiti. I tre ragazzi stavano aspettando all’incrocio di Geva’ot, a ovest dell’insediamento di Alon Shvut, verso le 22.15, e facevano l’autostop  sulla strada 367 in direzione di Beit Shemesh, per dirigersi poi verso le loro case.

La teoria più accreditata dalla Difesa israeliana è che i rapitori, almeno all’inizio, videro solo uno dei tre autostoppisti, forse Yifrach, che non conosceva gli altri due. Solo quando la loro auto si è fermata, i rapitori hanno capito che potevano prendere tre. E forse è stato questo fatto, secondo le fonti della sicurezza, a trasformare quello che doveva essere un rapimento in un omicidio. Nella Hiunday si trovavano i terroristi di Hamas Amer Abu Aysha e Marwan Kawasme.

I ragazzi capiscono troppo tardi che la macchina, una Hyundai i35, non è un innocente veicolo israeliano: e uno di loro chiama la polizia alle 22.25, a cui sussurra: “Ci hanno rapito”. La chiamata è stata immediatamente trasferita a un ufficiale, che ha posto delle domande, senza avere risposte. Dopo 2.09 minuti, la chiamata si è interrotta, e da quel momento il telefono non è più stato raggiungibile.

Quello che è successo è che probabilmente i rapitori si sono accorti che uno di loro stava telefonando e li hanno uccisi nella macchina. A quel punto i rapitori guidano ancora 10 minuti circa e abbandonano la Hyundai i35, bruciandola. Trasferiscono i corpi in un altro veicolo e guidano fino a un campo nell’area di Halhul, dove li bruciano. Poi scappano, facendo perdere le proprie tracce. Sospettati fin da subito , sono ricercati dalla polizia israeliana, che ha fatto ricerche nelle loro case e interrogatori alle famiglie.

Amer Abu Aysha (left) and Marwan Kawasme (right), suspected by Israel of kidnapping three Israeli teens. (photo credit: Courtesy)

Il soccorso mancato
La polizia è ora sotto accusa per non avere dato la giusta importanza alla chiamata del ragazzo. L’ufficiale non ha probabilmente riferito a un suo superiore o riascoltato la registrazione per ulteriori esami, pensando fosse uno scherzo. Ora quattro persone della polizia sono indagate e probabilmente verranno licenziate.