Devar Torà / Il digiuno del 17 Tammùz

di Ufficio Rabbinico

Balàk

23 luglio 2016 – 17 tammùz 5776

Devar Torà
Bilàm il mago profeta che doveva maledire il popolo ebraico è costretto a benedirlo. Una di queste benedizioni è di difficile interpretazione. Bilàm dice: “Chi potrà contare la polvere di Ya’akòv”? Secondo il midràsh qui c’è un riferimento al brit milà, come grande merito de popolo ebraico. Che senso ha questo midràsh? Rav Shaul Israeli lo spiega collegando due midrashìm. Uno sulla milà che il midrash cita come esempio di mitzvà osservata con gioia, il secondo riguarda la polvere. Come è noto il popolo ebraico è paragonato alla polvere della terra. I Chakhamìm dicono che il popolo ebraico è calpestato come la polvere della terra. È un’interpretazione terribile ma che descrive realisticamente vari momenti della storia ebraica. Che cosa c’entra tutto questo con la milà? Secondo Rav Shaul Israeli la grandezza di Am Israel elogiata da Bilàm è che anche nei momenti peggiori, nei momenti in cui erano polvere calpestata, gli ebrei sono riusciti a osservare con gioia la mitzvà della milà, a mantenere cioè orgogliosamente la propria identità. (Rav A. Arbib) Halakhà
Il digiuno, che ricorda vari eventi luttuosi fra cui l’apertura di una breccia nelle mura di Gerusalemme e la rottura delle Tavole della Legge, consiste nell’astensione completa da ogni cibo e bevanda dall’alba allo spuntare delle stelle. Nelle preghiere di shachrit e di minchà si inserisce l”Anenu nella sedicesima benedizione della ‘amidà, e si aggiungono preghiere speciali, selichot, in ricordo degli avvenimenti che, nel corso della storia, accaddero in quel giorno. A shachrit e minchà vengono letti sul Sefer Torà i passi relativi al perdono accordato da Dio al popolo d’Israele dopo il peccato del vitello d’oro (Esodo 32, 11-14; 34, 1-10). Alcuni usano leggere tutto il passo (Esodo 32, 11- 34, 10), in quanto vi sono narrate la punizione inflitta agli adoratori del vitello d’oro e la rottura delle tavole della legge. A minchà si legge una haftarà in cui l’uomo viene invitato a rivolgersi a Dio e a ritornare a Lui (Isaia 55, 6-56,8). La lettura della haftarà è preceduta e seguita dalle consuete benedizioni: si omette solo l’ultima. In Italia e in alcune altre Comunità, chi fa il digiuno usa indossare i tefillin anche durante la preghiera di minchà. (Rav A. Di Porto)