Intervista esclusiva a Magdi Cristiano Allam

Una legge: crimine contro l’umanità negare Israele.

Un sorriso aperto, una gentilezza che non ha niente a che vedere con l’empatia buonista di molti giornalisti e scrittori, o di alcuni personaggi politici degli ultimi anni. Per Magdi Cristiano Allam oggi la parola chiave è l’impegno. Per questo ha lasciato il giornalismo, dopo 35 anni da inviato a Il Corriere della Sera (di cui era anche vicedirettore ad personam) e a La Repubblica, per questo oggi ha mandato alle stampe per l’editore Mondadori il suo ultimo saggio Europa Cristiana Libera – La mia vita tra Verità e Libertà, Fede e Ragione, Valori e Regole. Per questo si presenta alle elezioni per il Parlamento europeo dopo aver fondato addirittura un nuovo partito a novembre del 2008, Protagonisti Per l’Europa Cristiana, per promuovere quella che lui chiama la riforma etica della cultura politica. Vincitore di numerosi premi, dall’Ambrogino d’oro del Comune di Milano al Premio Saint Vincent di giornalismo, Magdi Cristiano Allam è autore di numerosi libri: da Vincere la paura, la mia vita contro il terrorismo islamico e l’incoscienza dell’Occidente (2005, Mondadori) a Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano?, fino ad arrivare a Viva Israele. Dall’ideologia della morte alla civiltà della vita: la mia storia (2007), e ancora Grazie Gesù. La mia conversione dall’islam al cattolicesimo (2008). Uscito da pochi giorni, il suo ultimo libro, Europa Cristiana Libera, è un invito a ragionare intorno ai grandi temi fondanti delle democrazie occidentali e ai pericoli che la insidiano: il nichilismo e l’eccesso di materialismo, il politicamente corretto e quel multiculturalismo che crede di poter gestire culture, fedi e etnie diverse senza creare un collante identitario ma limitandosi a elargire diritti e libertà.


Magdi Allam, qual è lo spirito di questo suo nuovo libro?

“È un libro che ha molte anime. Innanzitutto c’è il racconto autobiografico delle mie due grandi passioni: quella per la politica coltivata fin da ragazzo e quella parallela per il giornalismo. Le due passioni confluivano verso lo stesso obiettivo: cercare la verità dei fatti e salvaguardare il valore della libertà. In una parola, volevo (e voglio ancora) essere un testimone del mio tempo nel senso più alto del termine: quello dell’impegno. In questa prima parte del libro c’è tutta la mia vita da inviato: il mio incontro con Paolo Mieli, ex direttore del Corriere della Sera e l’addio recente (è avvenuto il 12 gennaio 2009) al mio passato giornalistico, 35 anni di articoli, inchieste e notizie raccontate sulle pagine di Corriere e La Repubblica. E poi il mio rapporto con Oriana Fallaci di cui ho sempre ammirato l’onestà e il coraggio intellettuale. E altri episodi: per esempio di quando, magari dopo un’inchiesta o un servizio giornalistico, me ne andavo via turbato, sentendo il dovere di aiutare chi avevo intervistato, persone in difficoltà e con gravi problemi: allora tornavo indietro, mi risiedevo e cercavo insieme a loro di trovare una soluzione ai loro affanni e cercando di dare una mano concreta.


Ieri giornalista, oggi scrittore e politico. Nel suo libro c’è quindi la parabola della sua esistenza…

“Sì. Nella seconda parte infatti spiego il mio progetto politico, il mio sogno di un’Europa cristiana libera e che cosa questo significhi non solo per il mondo cristiano ma anche per gli ebrei e per Israele. Non dimentichiamoci che in piena guerra di Gaza, io ho partecipato alla manifestazione pro Israele del gennaio 2009. Nel libro lo scrivo chiaramente: se verrò eletto alle elezioni europee il mio impegno sarà quello di promuovere un atteggiamento politico dell’Europa che sia di totale solidarietà a Israele e al popolo ebraico minacciato da un nuovo Olocausto. Quale? Quello sbandierato a parole e nei fatti dal potere teocratico iraniano e dal suo potenziale nucleare”.


Che cosa è cambiato da quando lei scrisse il libro Viva Israele, qualche anno fa?

“Direi che da allora c’è stata un’evoluzione. Viva Israele era un inno alla sacralità della vita: avevo capito in modo inequivocabile che il diritto alla vita veniva prima del diritto alla libertà e che la violazione di quel diritto avrebbe finito per riguardarci tutti. Ho sempre pensato che il destino di Israele si lega in modo indissolubile alla sorte di ciascuno di noi. E poi diciamo la verità: l’Occidente è malato di relativismo, infatuato del politicamente corretto. Penso che la critica ripetuta, aprioristica e perdurante verso lo Stato d’Israele sia ormai il modo più diffuso per manifestare l’antisemitismo senza pagare dazio o sentirsi in colpa”.


Quel libro, quindi, ha rappresentato per lei un salto di coscienza e di qualità nel modo di considerare la situazione mediorientale…

“Viva Israele ha rappresentato per me la maturazione del fatto che Israele rappresenti oggi il fulcro della nostra civiltà. Ovvero la comprensione che nel momento in cui si mette in discussione il diritto alla vita di Israele si mette in dubbio la vita di ogni altro essere umano. In questo ultimo libro ho maturato una nuova coscienza. Mi propongo come ambasciatore di una causa: quella del diritto di Israele a esistere. Questo diritto deve diventare il pilastro della strategia dell’Unione Europea in Medio Oriente. Ho infatti intenzione di impegnarmi a fondo dentro il Parlamento europeo per riuscire a promulgare una legge che consideri un crimine contro l’umanità la negazione del diritto di esistere di Israele e un crimine contro l’umanità il terrorismo suicida islamico. L’Olocausto è avvenuto nel cuore dell’Europa ed è proprio l’Europa a dover impegnarsi per salvaguardare il bene inalienabile della vita che, sul piano politico, si incarna in Israele proprio perché è l’unico Stato al mondo di cui si nega il diritto alla vita. L’unico Stato nei cui confronti si scatenano guerre per annientarlo fisicamente e farlo sparire dalla carta geografica”.